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I 600 euro vanno in pagamento Ma la Cassa integrazione dov’è?

Mentre il bonus di 600 euro per i lavoratori autonomi arriverà a breve, delle indennità di Cassa integrazione (che riguardano, tra gli altri, i dipendenti di bar e ristoranti) non si è vista l’ombra in nessuna provincia italiana. E intanto il governatore Fontana ha cercato di attribuirsi il merito di un accordo con le banche, ma è una fake news.

Alberto Lupini
di Alberto Lupini
direttore
14 aprile 2020 | 19:08

Non può che essere una buona notizia se entro la fine della settimana verrà girato sul conto corrente di un milione di autonomi il bonus di 600 euro. In verità l’importo è vergognosamente modesto, soprattutto se paragonato a cosa si fa in altri Paesi. Né sarà un grande miglioramento l’aumento ad 800 euro per il prossimo mese. Ma certo è un primo segnale positivo che giunge dall’Inps e da una macchina burocratica capace finora di incolpare gli altri per i propri errori (tipo inesistenti attacchi hacker) o di porre paletti ad ogni novità.

Il punto vero è che questo intervento, il più modesto fra quelli messi in campo dal Governo, sembra avere subìto un’accelerazione per almeno due motivi: il primo, determinante, è che 5Stelle e Pd non vogliono offrire spazio per nuove polemiche all’opposizione che proprio sulle partite Iva ha una strategia per delegittimare la maggioranza; il secondo è che a spingere in questa direzione ci sono anche le organizzazioni delle piccole imprese, commercianti e artigiani in primis, che tengono sotto pressione l’esecutivo vista la crescente difficoltà di queste aziende.

I 600 euro vanno in pagamento Ma la Cassa integrazione dov’è?
I 600 euro vanno in pagamento. Ma la Cassa integrazione dov’è?

Ma, a conti fatti, questo bonus rappresenta davvero poco rispetto alla potenza di fuoco che il Governo aveva annunciato per combattere una crisi che giusto oggi il Fondo Monetario stima in una caduta del 9% del Pil per l’Italia. E questo mentre la partita con l’Europa si fa sempre più incandescente e se saliranno gli importi messi in campo per sostenere i diversi Paesi, sarà solo perché cresce il numero degli Stati dell’Unione che chiedono aiuti. Per nostra fortuna, in Germania la cancelliera Merkel comincia ad essere messa sotto pressione da importanti pezzi del suo stesso partito e da molti industriali che temono la chiusura delle loro fabbriche se si dovessero fermare le aziende italiane che producono subfornitura. Speriamo che dove non possono la solidarietà e l’etica, arrivi almeno l’interesse economico.

Ma torniamo agli interventi del Governo di cui non si sa ancora nulla. Entro il 15 aprile, ad esempio, avrebbero dovuto essere pagate le indennità di Cassa integrazione che riguardano in particolare tante piccole aziende del commercio e dell’artigianato, a partire da tutti i dipendenti di bar e ristoranti. Sembra che non ci siano stati bonifici in nessuna provincia italiana.

Sicuramente le indennità non sono state pagate in Lombardia, la Regione che ne ha di più da smaltire. Una situazione davvero preoccupante, o vergognosa, che ne ha generata però un’altra ancor più scandalosa. Alle regioni spetta infatti per decreto di fornire all’Inps gli elenchi dei dipendenti coi relativi bonifici (è l’ente che poi paga). Ma il Governatore lombardo, Attilio Fontana, ha fatto finta di nulla e, per coprire i ritardi dei suoi uffici, ha annunciato una fake news che ha dell’incredibile. Scaricando impropriamente la responsabilità dei mancati pagamenti della Cig sul Governo, Fontana ha sparato la balla che grazie all’intervento della Regione i lombardi potranno comunque ricevere dei soldi dalle banche. Peccato che questa anticipazione (un prestito senza interessi e costi) fa parte di un accordo “nazionale” fra l’ABI (l’associazione bancaria) e le organizzazioni sindacali di tutti i comparti. La Regione Lombardia non c’entra proprio nulla e, fra l’altro, spaccia per suo un impegno delle banche che neanche funziona. Con il personale che di fatto è quasi del tutto assente da ogni filiale, i lavoratori in Cig (che dovrebbero uscire di casa per questa operazione) non riescono nemmeno ad avere risposte dalle proprie banche. Al pari dei piccoli imprenditori che per i famosi prestiti garantiti dallo Stato (100mila euro con istruttoria e 25mila con una semplice domanda) non riescono nemmeno loro ad ottenere nulla dalle rispettive banche. A Bergamo e Brescia, nel cuore della pandemia, possiamo garantire che è così. E in questo modo, l’Italia rischia di finire peggio per la burocrazia che per il coronavirus...

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