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Allarme contraffazione alimentare 60 miliardi di fatturato nel mondo

Due prodotti alimentari italiani su tre in vendita sui mercati del mondo sono il risultato dell’agropirateria internazionale. A essere colpiti sono i settori più dinamici dell’agroalimentare, come gli spumanti; poi ci sono i salumi più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche gli extravergine di oliva e le conserve

20 marzo 2015 | 10:35
Allarme contraffazione alimentare 
60 miliardi di fatturato nel mondo

La contraffazione, la falsificazione e l’imitazione dei prodotti alimentari made in Italy nel mondo ha superato il fatturato di 60 miliardi di euro nel 2014 con l’arrivo di preoccupanti novità come il Prosecco made in Crimea, anche sulla spinta delle tensioni politiche e commerciali che sono culminate con l’embargo da parte della Russia. Lo ha mostrato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo a Mestre in Veneto dove si trova per l’Expo tour, nel giorno in cui si svolge il Forum internazionale sulla tutela del cibo vero al Parco tecnologico padano di Lodi con il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina.


 
A essere colpiti sono i settori più dinamici dell’agroalimentare made in Italy come gli spumanti che con un balzo del 20% nelle bottiglie spedite all’estero sorpassano lo Champagne e conquista le tavole nel mondo con un record storico, secondo una analisi Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al 2014. «È un risultato estremamente positivo delle nostre battaglie; il piano per l’export del Governo prevede per la prima volta azioni di contrasto all'italian sounding nell’agroalimentare - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che - la contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari Italian sounding a livello internazionale costa all’Italia trecentomila posti di lavoro che si potrebbero creare nel Paese con una azione di contrasto a livello nazionale ed internazionale».
 
All’estero i falsi fatturano quasi il doppio dei prodotti originali anche se le esportazioni agroalimentari italiane hanno chiuso il 2014 facendo registrare il record storico per un valore di 34,3 miliardi, con un aumento del 2,4% rispetto all’anno precedente, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. «Con questi risultati sul commercio estero - ha continuato Roberto Moncalvo - l’agroalimentare si conferma una leva competitiva determinante per far uscire l’Italia dalla crisi. All’estero il vero nemico sono le imitazioni low cost dei cibi nazionali che non hanno alcun legame con il sistema produttivo del Paese».
 
«Due prodotti alimentari di tipo italiano su tre in vendita sul mercato internazionale - spiega Moncalvo - sono il risultato dell’agropirateria internazionale. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi partire dal Grana Padano e dal Parmigiano Reggiano che ad esempio negli Stati Uniti in quasi nove casi su dieci sono sostituiti dal Parmesan prodotto in Wisconsin o in California. Ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i nostri salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele spesso “clonati” ma anche gli extravergine di oliva e le conserve come il pomodoro san Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.
 
«La trattativa sull'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, Tansatlantic trade and investment partnership (Ttip) - ha sostenuto Moncalvo - è un appuntamento determinante anche per tutelare le produzioni agroalimentari italiane dalla contraffazione alimentare e del cosiddetto fenomeno dell’Italian sounding molto diffuso sul mercato statunitense. A questa realtà se ne aggiunge una ancora più insidiosa: quale è quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima (latte, carni, olio) dai paesi più svariati la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero Made in Italy, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l‘obbligo di indicare la provenienza in etichetta».

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