Mentre in Italia si fa come al solito melina e si imbastiscono polemiche su tutto, ancora una volta le vere novità che potrebbero cambiare l’orizzonte del web (oggi ingrigito dal crescere delle fake news che devastano educazione e civiltà) vengono dagli Usa. E così, se in casa nostra assistiamo ai vergognosi attacchi “politici” alla presidente della Camera, Laura Boldrini, rea di avere avviato iniziative concrete per fermare la spirale di odio e falsità che sta avvelenando la rete, chi sul web ha un ruolo determinante, Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, sta pensando di dare una svolta distinguendo l’informazione “corretta” (o che almeno dovrebbe esserlo) dalle bugie.
Proprio chi ha contribuito a creare e diffondere il fenomeno delle fake news (attraverso quella straordinaria conquista di libertà che è il poter esprimere opinioni civili in modo gratuito e senza vincoli...) ora tenta di porre un argine prima di finire divorato dal pericoloso meccanismo che ha messo in atto.
Il dato di partenza è che internet dovrebbe servire ad essere informati meglio, ma questo è oggettivamente molto difficile perché con l’esplosione di siti e blog aperti da chiunque, anche da chi non ha un minimo di competenza, la confusione e l’imbroglio regnano sovrani. Per restare al nostro campo pensiamo solo alle migliaia di blogger o influencer che si sono inventati un’attività che non risponde ad alcuna deontologia o regola, o a siti come Tripadvisor.
La soluzione di Zuckerberg sembra quasi banale: selezionare le notizie giornalistiche indicandole come fonti attendibili. Bene, potremmo dire, era ora. Se non che stiamo parlando di un sistema che ha reso miliardari pochi soggetti che, come il nostro patron di Facebook, vogliono continuare a guadagnare. Ed ecco che la grande rivoluzione diventa quella di fare pagare l’accesso ai siti dei giornali. In sé la cosa sembra buona, ed è pure giustificata col fatto di sostenere con questo i giornali, in crisi da anni in tutto il mondo proprio per l’avvento di Internet.
La soluzione potrebbe essere anche buona, se non che il fare pagare l’accesso alle notizie finora è stato un insuccesso per chi l’ha tentato proprio per la realtà della rete. Ma il solo fatto che la più grande edicola al mondo pensi di offrire un sistema per segnalare ciò che vale, potrebbe essere una opportunità per uscire dal tunnel delle fake news. L’importante è che sugli eventuali abbonamenti alle news (con i dati e i livelli di interesse che ne derivano) Facebook non si appropri di nuovi dati sensibili tanto ambiti da chi fa vendite online…