Ai danni diretti causati dal sisma ad abitazioni e stalle si aggiungono quelli provocati dall’abbandono forzato di interi Paesi dove è crollato del 90% il mercato per le produzioni della terra e gli agricoltori e gli allevatori sono costretti a cercare canali alternativi per poter vendere i prodotti salvati dalle macerie. È quanto emerge da una analisi Coldiretti sul bilancio di fine anno nelle campagne terremotate, divulgata in occasione dell’apertura del mercato di Campagna Amica degli agricoltori delle regioni colpite a Roma in piazza Navona, dove sarà possibile per una intera settimana fare lo shopping di Natale per regali e cenoni aiutando concretamente e direttamente la ripresa economica ed occupazionale dei territori colpiti dal sisma.
Un'iniziativa promossa dalla Coldiretti all’indomani dell’importante approvazione definitiva del decreto terremoto. «Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - con una significativa presenza di allevamenti che è importante sostenere concretamente affinché la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo».
Il crollo delle vendite ha colpito maggiormente i formaggi, dal pecorino alle caciotte, anche in ragione del fatto che nelle zone colpite dal sisma è prevalente l’attività di allevamento. L’abbandono forzato delle popolazioni, trasferite sulla costa, e la fuga dei turisti hanno fatto venir meno la clientela, mettendo in grave difficoltà le aziende che, oltre a non vendere, devono comunque mungere tutti i giorni con la necessità di trasformare il latte o cederlo a qualche caseificio, peraltro in una situazione in cui la maggior parte delle strutture di questo tipo sono inagibili.
In difficoltà anche il settore dei salumi, a partire da quelli pregiati a Denominazione di origine, dove al blocco delle vendite si è accompagnato quello della produzione a causa dell’inagibilità dei laboratori che si trovano nelle zone del cratere. Ma l’assenza di acquirenti sta interessando un po’ tutte le produzioni, compresi farro, lenticchie e altri legumi. Un discorso a parte merita lo zafferano, spezia pregiata che negli ultimi tempi ha visto un interesse crescente da parte dei consumatori. Il periodo di raccolta cade, infatti, tra ottobre e novembre e, a causa del sisma, molti produttori non sono neppure riusciti a recarsi nei campi, lasciati incustoditi e devastati dai cinghiali.
Situazione meno negativa per le lenticchie che erano già state raccolte prima del sisma e che si avvantaggiano della concentrazione della domanda nel periodo natalizio. Un calo pressoché totale delle vendite si registra, inoltre, per la legna da ardere, un settore importante per l’economia delle zone terremotate dove operano imprese agroforestali e comunanze agrarie. Con le case distrutte e abbandonate la richiesta di tronchetti e ceppi è ovviamente venuta meno, mentre gli effetti del sisma sulla rete viaria montana hanno reso difficili se non impossibili le operazioni di taglio e trasporto.
Il terremoto ha colpito un territorio con una forte vocazione agricola in cui si contano 3mila aziende a rischio con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali, secondo una stima della Coldiretti. L’agricoltura, tra manodopera familiare ed esterna, contribuisce in modo importante all’occupazione e all’economia di quei territori. Un’attività che alimenta anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo che sostengono il flusso turistico che, tra ristorazione e souvenir, è la linfa vitale per la popolazione.
Le scosse mettono a rischio un sistema con specialità conservate da secoli, dalla lenticchia di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito, dallo zafferano al tartufo, dal ciauscolo al prosciutto di Norcia Igp, che rappresentano un patrimonio culturale del Paese che rischia di sparire per sempre.