La vita della Toscana raccontata con immagini e parole in quasi 400 pagine, 300 fotografie e 130 ricette secondo la tradizione della valle del Sieve. Ma è anche la storia di Ruffino, di quel Chianti diventato simbolo del vino italiano all’estero. Ma non vuole essere - e non lo è - un libro di cucina.
È articolato in quattro macroaree che raccontano le occasioni conviviali. “Casa dolce Casa” con il pranzo della domenica a casa della nonna, una vera occasione di stare insieme che tutti noi di qualsiasi regione e ceto sociale ricordiamo con una nota di malinconia. “Al fresco”, che narra delle prime scampagnate primaverili con il pane sciocco, il pecorino, gli affettati e l’immancabile frittata di erbe e verdure spontanee. “La campagna” con i ricordi delle estati passate nella casa dei nonni; l’uva ed il vino, l’olio nuovo e l’ultimo racconto “In Città” con la spesa dal pizzicagnolo, il classico panino col lampredotto, cibo di strada per eccellenza, una prelibatezza accompagnata da un gottino di Chianti.
L’ultima sezione “La Toscana del cucchiaio” è stata curata da Stefano Caffarri, una interpretazione di alcuni grandi classici della cucina toscana.
Gli autori: Francesco Sorelli ideatore del progetto e dei testi; Sandra Pilacchi ha realizzato le ricette e le fotografie dei piatti. Editore: Il Cucchiaio d’Argento. Presentato in occasione della 50ª edizione di Vinitaly presso lo stand di Ruffino, sarà prossimamente in vendita in tutte le librerie d’Italia a partire dal 16 maggio.
Francesco Sorelli«Si tratta di un libro che vuole esprimere l’anima, la profondità di Ruffino», spiega
Francesco Sorelli (
nella foto), brand and corporate pr manager dell’azienda. «Racconta storie di convivialità, dello stare assieme. Si parte da momenti che tutti noi abbiamo vissuto e che ci caratterizzano. Parlo di noi toscani, ma si tratta comunque di un libro di respiro italiano. Dal pranzo della domenica preparato da una nonna affettuosa al tipico pane “sciocco”, su cui la civiltà contadina toscana ha edificato delle gustosissime ricette: la pappa, la ribollita, e così via. E poi l’aperitivo toscano, che noi chiamavamo e chiamiamo ancora “merenda”, fatto di scampagnate in meravigliose colline. Tutto ciò che è architettura contadina, di cui un tempo quasi ci si vergognava e che oggi risultano invece bellissime e suggestive. Poi ci spostiamo in città, dove assistiamo alla rivisitazione della cucina povera, elevando a forma di arte gastronomica piatti che nessuno voleva, tranne il contadino o il meno abbiente; e dall’altra parte, al polo opposto, il mondo di Caterina de’ Medici che per prima nel Cinquecento ha insegnato al mondo, partendo da Firenze, a stare a tavola, introducendo la forchetta. Il libro in sostanza è un abbecedario della vita toscana che ci è piaciuto raccontare e che vede Ruffino, le sue persone e i suoi vini, protagonisti tra le pagine».
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