Lo hanno già fatto diversi ristoratori, tra cui
Tano Simonato,
Marco Blasi e
Matteo Scibilia. Ora un altro grande nome della ristorazione italiana ha aderito alla campagna di Italia a Tavola per dire basta a TripAdvisor e al sistema di
anonimato,
false recensioni e
classifiche truccate. Si tratta di
Filippo La Mantia (
nella foto), il cuoco di origini siciliane che dopo molte esperienze positive in Italia da pochi mesi ha aperto a Milano il suo
nuovo ristorante, nell'ex location del "Gold" di Dolce & Gabbana, in piazza Risorgimento.
La Mantia ha quindi aderito alla campagna
#NoTripAdvisor lanciata poche settimane fa dalla nostra testata (per maggiori informazioni e per ricevere gratuitamente la vetrofania
CLICCA QUI e compila il form).
L'iniziativa vuole dare l'opportunità agli operatori titolari di esercizi pubblici di dissociarsi da un sistema di recensioni sempre più inattendibile, ed è anche un modo per comunicare ai clienti che non si vuole essere sospettati di avere comprato le recensioni. O magari di avere scritto, protetti dall’anonimato, delle recensioni negative sui locali concorrenti per farli scendere in graduatoria.
Sono già molte le richieste arrivate alla nostra redazione per ricevere gratuitamente la vetrofania, e il numero cresce di giorno in giorno (segnaliamo che si dovranno attendere i tempi tecnici per l’invio e la consegna tramite servizio postale). Il nostro invito è quindi - come hanno già fatto Simonato, Blasi, Scibilia e ora anche La Mantia - di esporre il cartello #NoTripAdvisor eliminando l’eventuale “certificato di eccellenza”, e di inviare all’indirizzo
notripadvisor@italiaatavola.net alcune fotografie o video che testimoniano la presa di posizione.
«Non sono contrario alle critiche - ci ha spiegato La Mantia - non mi permetterei mai di essere così presuntuoso da non riconoscere che noi cuochi a volte possiamo sbagliare. Non siamo delle macchine perfette che producono alimenti già pronti. Ogni sera noi stiamo in cucina e prepariamo i piatti: dopodiché ci saranno persone a cui piaceranno e altre a cui non piaceranno. Le critiche costruttive sono sempre ben accette. Quello che invece odio in modo totale - e credo che valga anche per i miei colleghi - sono le infamità».
«Noi di questo sito stiamo perfino facendo pubblicità, perché ne stiamo parlando. Ecco allora che si capisce come a monte ci sia un progetto potentissimo. Nel momento in cui un sito accetta qualsiasi tipo di critica su ristoranti, bar, alberghi, resort, e così via, sia positiva che negativa, senza avere la certezza matematica che quel commento sia assolutamente reale, per me questa è un’infamità allo stato puro. Chi va in un locale e solo per antipatia vuole danneggiare una persona che ci lavora, torna a casa e dietro un computer scrive cose bruttissime perché ha il potere di infamare la gente».
«A prescindere dalle recensioni negative che ricevo sul mio ristorante, secondo cui io dovrei essere il peggiore della mia categoria - prosegue il cuoco siciliano - vi giuro sul mio onore che tanti conoscenti mi hanno riferito di aver scritto recensioni positive che non sono mai state pubblicate, non si sa perché. Vorrei quindi capire come funzona, qual è l’ago della bilancia secondo cui una recensione viene pubblicata oppure no. Non si riesce a capire chi decide e con che criterio. Stiamo parlando di gente ai piani alti che in sostanza decidono le sorti di imprenditori come me che ogni giorno “si fanno il mazzo”. Io do lavoro a 42 persone, la maggior parte delle quali di Milano».
«Basterebbe che chi scrive questo genere di recensioni, qualora non si trovasse soddisfatto del proprio pasto, chiedesse di poter parlare con il cuoco. Io andrei volentieri al suo tavolo e lo ascolterei e mi cospargerei il capo di cenere, perché, come ho sempre detto, ogni palato è tribunale: un piatto può piacere ad alcune persone ma ad altre no; i gusti sono gusti. Basta parlare: mi è capitato di togliere tranquillamente dal conto di un cliente un piatto che non gli era piaciuto. L’infamità quindi sta nel tornare a casa, nascondersi dietro un computer perché non si ha il coraggio di dire apertamente come stanno le cose».
«Lasciamo stare il mio caso perché è da 17 anni che faccio il cuoco, ma ci sono cuochi che da 30 anni si fanno il mazzo in cucina ogni giorno e vengono sputtanati da gente inutile che non ne capisce niente e che lo fa per non si sa quale motivo. È un’offesa nei confronti di professionisti. Sul cibo ormai si sono create un sacco di paranoie, tutti si sentono gourmet, sommelier e critici, tutti ne capiscono di tutto e vanno contro a tutti. Il cibo ormai è diventato strumento di scherno. Ma sul cibo, ripeto, ognuno ha i suoi gusti perciò io accetto qualsiasi critica. Quello che non accetto è il fatto che queste critiche possono danneggiare aziende importanti, che danno lavoro ad altre persone, perché ci sono altre persone che quelle critiche le leggono».
«Quella di Italia a Tavola - conclude La Mantia - è una campagna divertente ma sono consapevole che forse non servirà a nulla perché TripAdvisor è ormai troppo vasto e troppo insediato nel nostro territorio e in tutto il mondo. Se ci sono persone che danno credito a quelle recensioni, tanto di cappello a TripAdvisor che è riuscito a conquistare l’interesse di milioni di persone che leggono quei commenti e da lì decidono cosa fare e dove andare a mangiare. Se siamo qui a parlare di TripAdvisor - anche se gli stiamo comunque facendo pubblicità gratuita - è perché vogliamo cercare di tutelare la nostra categoria che è bersaglio di tutto e di tutti. Ormai fare il cuoco non è più un relax, ogni sera ci mettiamo la faccia, siamo sotto esame, viviamo nell’ansia, non sappiamo più se la gente è contenta o non è contenta. Chi sta in sala deve cercare di captare le espressioni del cliente per capire se è soddisfatto di ciò che gli ho dato. È davvero una situazione insostenibile!».