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Semina di mais Ogm in Friuli Bufera sull’agricoltore Giorgio Fidenato

Forte di una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, Fidenato, leader di Agricoltori Federati, ha seminato 6mila metri quadrati di mais Ogm a Vivaro (Pn). Il Ministero ha disposto un’indagine dei Forestali

 
17 giugno 2013 | 11:36

Semina di mais Ogm in Friuli Bufera sull’agricoltore Giorgio Fidenato

Forte di una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, Fidenato, leader di Agricoltori Federati, ha seminato 6mila metri quadrati di mais Ogm a Vivaro (Pn). Il Ministero ha disposto un’indagine dei Forestali

17 giugno 2013 | 11:36
 

Giorgio Fidenato«Nel mondo c’è spazio per tutti, le ideologie totalitarie vanno sconfitte». Con queste parole Giorgio Fidenato (nella foto), leader di Agricoltori Federati, col supporto del Movimento Libertario, lo scorso sabato 15 giugno ha seminato 6mila metri quadrati di mais Ogm a Vivaro (Pn), in Friuli, forte della sentenza della Corte di Giustizia Europea che gli aveva dato ragione nella battaglia con lo Stato italiano. Gli agricoltori italiani sono infatti liberi di seminare mais Ogm, e nessuna autorizzazione alla semina di Ogm iscritti al catalogo comune europeo può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione: è quanto afferma la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sul caso di Giorgio Fidenato, che nel 2011 aveva seminato mais Ogm.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea recita esplicitamente che «la messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1829/2003 e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53».

«Quanto avvenuto in Friuli Venezia Giulia - ha commentato il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo - non è assolutamente da sottovalutare. In ogni caso è fondamentale ribadire che se non si verificano prima le condizioni di coesistenza, ogni semina di organismi geneticamente modificati non è permessa. Ho già dato disposizioni affinché il Corpo forestale dello Stato, in accordo con le competenti autorità regionali, si accerti della natura delle sementi utilizzate in modo da assumere i provvedimenti del caso».

«Il positivo e tempestivo chiarimento del ministero delle Politiche agricole conferma l’illegalità delle semine biotech in Italia a tutela della produzione agricola nazionale e degli interessi dei cittadini italiani che in stragrande maggioranza si oppongono alle coltivazioni geneticamente modificate», ha commentato la Coldiretti. «Tuttavia la non definitiva risoluzione della vicenda Ogm va avanti ormai da troppo tempo e questa deve essere l’occasione per chiudere definitivamente una questione sulla quale cittadini, agricoltori, rappresentanze economiche e sociali, Regioni e Parlamento si sono espressi già tantissime volte. Si chiede quindi al Governo il completamento della procedura di adozione della clausola di salvaguardia come peraltro già sollecitato da tutti i gruppi parlamentari al Senato con una mozione votata all’unanimità e come già fatto da tempo da diversi Paesi. Non va dimenticato che sulla base dell’indagine Coldiretti-Swg quasi 7 italiani su 10 considerano oggi gli organismi geneticamente modificati meno salutari di quelli tradizionali: una motivazione in più che va a rafforzare l’esigenza di garantire l’agricoltura e il territorio da forme di inquinamento genetico e assicurare la competitività delle nostre produzioni tradizionali e di qualità».



In relazione alla possibilità di porre a coltura, nel nostro Paese, sementi geneticamente modificate senza alcuna forma di autorizzazione, il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, in una nota, ha precisato che, alla luce e nel rispetto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 6 settembre 2012 e di quella del 18 maggio 2013, il diritto di coltivare organismi geneticamente modificati deve convivere con il diritto dello Stato di condizionare la coltivazione ad adeguate misure di coesistenza con l’agricoltura tradizionale o biologica, al fine di evitare ogni possibile commistione di tali produzioni e conseguenti danni economici.

Tale principio - prosegue la nota ministeriale - è stato affermato sia nella sentenza del settembre 2012 sia nella recente sentenza del 2013, che ha più volte sottolineato la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di coesistenza. L’Italia fin dal 2001 con il d.lgs. 212, ha optato per l’adozione di misure di coesistenza fondate su ragioni economiche. Tale scelta, espressa dall’art. 1 del decreto 212, mai posta in discussione dalle citate sentenze, è ancora oggi in vigore. Ciò premesso, nel rispetto del diritto di scelta dei coltivatori di continuare a produrre tradizionalmente o secondo i protocolli biologici oppure con sementi geneticamente modificate, e quello dei consumatori di scegliere liberamente e consapevolmente alimenti prodotti con Ogm o senza, la legittimità della messa a dimora di sementi geneticamente modificate continua ad essere subordinata alla verifica che le concrete condizioni di tale coltivazione siano idonee ad evitare la commistione con le altre produzioni.

Tale verifica - concluda in Ministero - non può che avvenire ad istanza del produttore interessato, previa comunicazione di tutti gli elementi informativi relativi alla localizzazione delle produzioni e alle tecniche di difesa dalla commistione che si intendono adottare. Solo in seguito alla positiva valutazione, la messa a dimora è legittima e come tale consentita. In ogni caso il Ministero, anche in accordo con le autorità regionali, disporrà tutti i controlli del caso.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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