In una lettera inviata ai vescovi di tutto il mondo, la Congregazione per il Culto Divino ha ribadito le norme emanate nel 2003 dall’allora Sant’Uffizio riguardo «le persone che, per diverse e gravi motivazioni, non possono assumere pane normalmente confezionato o vino normalmente fermentato».
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Nella missiva si conferma che «le ostie completamente prive di glutine sono materia invalida per l'Eucaristia. Sono materia valida le ostie parzialmente prive di glutine e tali che sia in esse presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane».
Perché l’ostia sia conforme è sufficiente quindi una quantità di glutine infinitesimale, mentre il grano utilizzato può essere Ogm. Può bastare, per i fedeli celiaci? «Di norma un’ostia a basso contenuto di glutine non crea problemi. Se però c’è una celiachia grave, il fedele può fare la comunione solo con il vino», spiega monsignor Claudio Magnoli, studioso di liturgia e consultore del dicastero, secondo quanto riportato dal Corriere della sera. Lo prevede il Diritto Canonico (925), ed è lo stesso Codice (924, paragrafo 3) a dire che «il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato». Chi ha problemi con l’alcol, aggiunge la Congregazione, può bere «il mosto», cioè il succo d’uva non fermentato. L’essenziale, come per il pane, è che vino o mosto siano genuini.
Per questo si chiede ai vescovi di «informare e richiamare al rispetto assoluto delle norme» i produttori. Almeno in Italia, molte cantine si sono organizzate da tempo: il vino da messa è in vendita (in genere sotto i 10 euro a bottiglia) con la dicitura canonica «ex genimine vitis», dal frutto della vite. Bianco o rosso, non importa. Si tratta di vini liquorosi perché durano di più. Come dice la Congregazione: «Sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto».