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Le ostie senza glutine non sono “valide” Per l’Eucarestia ne serve un minimo

La Congregazione per il Culto Divino ha ribadito le norme emanate nel 2003. Perché l’ostia sia conforme è sufficiente una quantità di glutine infinitesimale, mentre il grano utilizzato può essere Ogm

 
10 luglio 2017 | 10:11

Le ostie senza glutine non sono “valide” Per l’Eucarestia ne serve un minimo

La Congregazione per il Culto Divino ha ribadito le norme emanate nel 2003. Perché l’ostia sia conforme è sufficiente una quantità di glutine infinitesimale, mentre il grano utilizzato può essere Ogm

10 luglio 2017 | 10:11
 

In una lettera inviata ai vescovi di tutto il mondo, la Congregazione per il Culto Divino ha ribadito le norme emanate nel 2003 dall’allora Sant’Uffizio riguardo «le persone che, per diverse e gravi motivazioni, non possono assumere pane normalmente confezionato o vino normalmente fermentato».

Le ostie senza glutine non sono valide Per l’Eucarestia ne serve un minimo

Nella missiva si conferma che «le ostie completamente prive di glutine sono materia invalida per l'Eucaristia. Sono materia valida le ostie parzialmente prive di glutine e tali che sia in esse presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane».

Perché l’ostia sia conforme è sufficiente quindi una quantità di glutine infinitesimale, mentre il grano utilizzato può essere Ogm. Può bastare, per i fedeli celiaci? «Di norma un’ostia a basso contenuto di glutine non crea problemi. Se però c’è una celiachia grave, il fedele può fare la comunione solo con il vino», spiega monsignor Claudio Magnoli, studioso di liturgia e consultore del dicastero, secondo quanto riportato dal Corriere della sera. Lo prevede il Diritto Canonico (925), ed è lo stesso Codice (924, paragrafo 3) a dire che «il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato». Chi ha problemi con l’alcol, aggiunge la Congregazione, può bere «il mosto», cioè il succo d’uva non fermentato. L’essenziale, come per il pane, è che vino o mosto siano genuini.

Per questo si chiede ai vescovi di «informare e richiamare al rispetto assoluto delle norme» i produttori. Almeno in Italia, molte cantine si sono organizzate da tempo: il vino da messa è in vendita (in genere sotto i 10 euro a bottiglia) con la dicitura canonica «ex genimine vitis», dal frutto della vite. Bianco o rosso, non importa. Si tratta di vini liquorosi perché durano di più. Come dice la Congregazione: «Sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto».

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