Home restaurant. Da più parti, soprattutto sui social network, su tutta la rete e su quotidiani importanti come Il Sole 24 Ore, si inneggia a questa nuova formula commerciale, nata negli Stati Uniti, ed ora sembra che voglia imporsi anche nel nostro Paese. Di cosa si tratta? Di ospitare in casa propria, cucinando a proprio piacimento per clienti o simili, naturalmente facendoli pagare. Già detto così l’idea fa rabbrividire chi, oltre ad ospitare in casa propria gente estranea, come i tanti ristoratori o pubblici esercizi, che tutti i giorni, debbono combattere e sopravvivere dinanzi a burocrazia, norme e costi per gestire un ristorante vero.
Non si capisce in questo caso, qual sarà la formula fiscale, le famiglie o i singoli che ospiteranno in casa, ospiti o clienti a quale categoria commerciale saranno assoggettati? A quali norme sanitarie dovranno rispondere e se i proprietari degli appartamenti debbono avere requisiti, tipo Haccp o simili? Non solo devi avere anche i bagni per i portatori di handicap, ascensori adeguati o il servizio sarà destinato a “gente” senza simili problemi?
Oppure, tenendo conto che la massaia dovrà necessariamente fare la spesa al super, la tracciabilità o il controllo degli ingredienti, oggi obbligatori, come saranno regolamentati? Se un ospite/cliente si sente male, chi ne risponderà? L’Asl di competenza sarà obbligata a controllare tutto ciò? E la Guardia di finanza che controlli potrà o dovrà fare?
Molte domande e nessuna risposta. Oppure tutti chiuderanno un occhio, credendo o pensando, come e successo con gli agriturismi che il mercato farà da sé? Tutto ciò che arriva, in questo caso, dagli Usa è visto come un’opportunità di lavoro, peccato che questo vale, appunto, a casa degli americani con le regole proprie. Prendiamo l’esempio della remunerazione, cioè lo stipendio.
Fino ad ora, il personale di un negozio e quindi di un ristorante, viene pagato con la famosa “mancia”, impropriamente chiamata così da noi europei, perché in realtà si tratta della parte più importante dello stipendio dei collaboratori, una cifra che normalmente è il 15% del prodotto o del servizio acquistato dal cliente, amici ristoratori di New York mi hanno confermato che la cifra fissa dello stipendio è di 200-400 dollari al mese, il resto è appunto la famosa “tip”. Naturalmente in questo misto tra fisso e “mance” sono compresi anche la 13ª, la 14ª e il Tfr. Famosi costi aggiuntivi italiani.
La realtà è che il costo del collaboratore è in minima parte dell’azienda, ma la fetta più grossa è stata trasferita al cliente attraverso le regole del “tip”. Già, nel nostro Paese, ma anche in altri dell’Europa, il costo del lavoro, raffrontato agli Usa è veramente proibitivo. Non scordando che da noi le aziende sono anche sostituto d’imposta, cioè l’impresa paga le tasse in vece del suo collaboratore, con aggiunte di costi e rischi notevoli. Oltre naturalmente al costo del commercialista.
Questa è la realtà americana. Importare nuovi servizi commerciali, molto innovativi, come gli Home restaurant, vale il gioco con quella realtà, con quelle regole. Ma da noi? Risultato: negli Usa, soprattutto nelle grandi città, si mangia a tutte le ore, i collaboratori sono decine anche per piccoli ristoranti, lavorano tutti, perché in fondo se sei bravo e professionale guadagni tanto e spesso come molti nostri turisti raccontano, sono tutti molto gentili e sorridenti, chiaro, più sorridi, più la mancia può aumentare.
Altro aspetto degli Usa le norme sanitarie. Benché trasmissioni tipo Cucine da Incubo di Gordon Ramsey, ci facciano vedere ristoranti sporchi oltre ogni immaginazione, le regole sanitarie lì sono molte severe, ogni pubblico esercizio ha all’esterno delle porte o delle propria vetrina una specie di voto, che le autorità locali emettono dopo visite sanitarie, così che tutti i clienti possano vedere qual è il giudizio, giudizio che può alzarsi o diminuire in base ad ulteriori controlli. Magari si potrebbe applicare anche da noi, del tipo: Home restaurant, citofonare Sig. Rossi, 3° piano, segnalazione ASL “AA+”. Non proprio un mondo simile al nostro...
Da noi, con la crisi del lavoro, con una disoccupazione spaventosa, l’idea che si possa invitare gente estranea in casa propria, facendola naturalmente pagare, ha scatenato la fantasia di tanti, ma proprio tanti. È la guerra ormai in atto da molto tempo: i bed&breakfast contro gli alberghi; gli agriturismi, i circoli, le feste di piazza o di stagione contro i ristoranti; Uber contro i tassisti con tanto di licenza; e i blogger contro i giornalisti, con tanto di tesserino dell’Albo. Probabilmente di questo passo altre e nuove concorrenze nasceranno, nel silenzio generale. Grazie ai tablet e agli smartphone tanti piccoli fotografi sono stati cancellati dal mercato. Qualcuno appunto sostiene che questo succederà anche con i ristoranti.
Nel nostro Paese, per aprire un ristorante devi sottostare e applicare una serie infinita di norme, dall’edilizia alla sanità, norme commerciali, di sicurezza sia alimentare che di lavoro, rispettare norme fiscali e tributarie. I dipendenti costano ben 15 mensilità, sì certo hanno la 13ª, la 14ª e il Tfr, un vera e propria mensilità, oltre a ferie e permessi sindacali, un mese di lavoro trasformato appunto in ferie, poi le festività, Natale, Pasqua, l’Epifania, il 1° Maggio, ecc. Costano tra maggiorazioni e simili oltre il doppio di stipendio, poi ci sono le malattie, le gravidanze e tanti altri piccoli ammennicoli che rendono la vita imprenditoriale veramente difficile. Tutti diritti sacrosanti acquisiti da grandi battaglie sindacali. Tutto giusto.
In questo quadro, sicuramente non bello e piacevole, l’idea che casa propria possa diventare un piccolo ristorante, un “Home restaurant”, è veramente interessante. In tanti sui social network, dinanzi alla crisi economica familiare, hanno espresso l’idea e chiedono alla rete come si fa.
Noi ristoratori italiani cosa dovremmo fare? Chiudere le nostre attività, chiedere una trasformazione d’uso dei nostri locali, trasformarli in appartamenti, così da diventare anche noi Home restaurant? Magari pagheremo un forfait di tasse? Pagheremo i nostri dipendenti solo se avremo ospiti in casa? Anzi senza dipendenti, ognuno si arrangi come potrà. Tra l’altro, personalmente, sono ancora più imbarazzato... Insegno da anni, cosà dirò ai giovani allievi che studiano cucina, cosa diremo tutti? Scusate ragazzi, abbiamo scherzato, tornate dalla mamma e cucinate a casa!
Già le vendite online stanno impoverendo settori tradizionali come l’abbigliamento o le calzature, ma il vino, che qualche posizione la mantiene, da chi sarà venduto? Gli agenti, i rappresentanti scompariranno? Questo è il quadro che si sta delineando, nel silenzio delle istituzioni. Alle prese con un distacco dalla politica senza precedenti, metà della gente non vota più, piccoli commercianti e artigiani che chiudono ogni giorno, e un sistema bancario inesistente.
PS: il vero messaggio è indirizzato ai nostri sindacati nazionali, sia quelli di tipo politico sia alle associazioni di categoria, tutti presi da una diminuzione di associati perché chiudono, da una difficoltà economica perché gli associati rimasti non pagano le quote, ed anche all’Inps si dovrebbero preoccupare. Chi pagherà i contributi per le pensioni? Tutti silenziosi, spero non nella fase di incapacità di dare o trovare soluzioni, ma spero che facciano sentire la loro voce nel fermare idee come queste, che nel nostro paese sarebbero un ulteriore motivo di chiusure e fallimenti.