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Innovatore, generoso, maestro Aimo Moroni si racconta

Abbiamo sollevato il cappello da cuoco ad Aimo Moroni, cuoco del Ristorante Il Luogo di Aimo e Nadia, che ci ha svelato i suoi segreti: da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigorifero

di Clara Mennella
 
08 marzo 2014 | 10:14

Innovatore, generoso, maestro Aimo Moroni si racconta

Abbiamo sollevato il cappello da cuoco ad Aimo Moroni, cuoco del Ristorante Il Luogo di Aimo e Nadia, che ci ha svelato i suoi segreti: da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigorifero

di Clara Mennella
08 marzo 2014 | 10:14
 

Aimo MoroniPer la prima volta utilizzo il sostantivo “maestro” nel mio titolo al posto di un aggettivo, ma Aimo Moroni (nella foto) da Pescia (Pt), è da alcuni decenni il maestro di vita vissuta e professionale che tutti vorremmo meritare. Lo sanno bene la figlia Stefania e i cuochi Alessandro Negrini e Fabio Pisani ai quali Aimo ha passato il testimone de Il Luogo di Aimo e Nadia che si sono impegnati già da diversi anni nel mantenere viva la grande storia del ristorante e costruirne il suo futuro.

Già il nome di questo locale dice molto dell’umiltà d’animo e del coinvolgimento che hanno animato il suo percorso, e racconta dell’unione indissolubile con Nadia, la moglie che ha condiviso l’avventura del Luogo fino dall’apertura nel 1962.

Entrambi toscani, diventano ambasciatori della loro terra d’origine portando nei loro piatti tutta la tradizione e la qualità migliore della Toscana, ma, con grande spirito di innovazione e voglia di sperimentazione arriveranno a proporre una cucina che abbraccia tutte le regioni italiane esaltando le migliori materie prime; un giro d’Italia nel piatto che li porterà a meritare la prima Stella nel 1980 e la seconda nel 1990.

Impossibile elencare qui tutti gli altri riconoscimenti ricevuti in una vita di lavoro, Aimo Moroni ha compiuto da poco 80 anni e si è regalato il lusso di rimanere nel suo Luogo a guardare.


Da bambino cosa sognavi di diventare?
Vivendo in un contesto rurale povero, da bambino non avevo un pensiero per il futuro. Solo verso i 12/13 anni, orgoglioso di avere una mamma cuoca molto apprezzata che aveva lavorato in case nobili fiorentine, a Parigi, a Milano, ho cominciato a pensare che forse un giorno sarei diventato un cuoco.

Il primo sapore che ti ricordi
Diversi sapori amalgamati insieme: mia madre aveva una grande fantasia in cucina! Una specie di ribollita, una zuppa di pane, con verdure stagionali e un filo d’olio, da cui è nata la mia Zuppa etrusca.

Qual è il senso più importante?
Il gusto. Chi ha palato, vive di emozioni davanti ad un piatto.

Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato
Quelli in cui ottenere quel gusto che avevo in mente, in cui riscoprire quei particolari profumi e sapori che avevo conosciuto da bambino in campagna, con materie prime fresche e di ottima qualità. Tra tutti, i vermicelli con il cipollotto fresco di Tropea, peperoncino di Diamante, basilico ligure, un filo olio crudo della mia terra.

Come hai speso il primo stipendio?
Sono arrivato a Milano all’inizio del 1946, quando faceva molto freddo: ho cercato di vestirmi in modo più adatto all’inverno milanese.

Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?
I miei Spaghetti al Cipollotto, il pane casereccio con pomodoro crudo, origano di Vendicari, olio crudo, capperi, basilico; ma anche un tradizionale risotto alla milanese con l’ossobuco.

Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Il mio frigo è un piccolo bazar di cucina italiana. Ho il meglio di quello che offre il mercato. Non mancherà mai in dispensa l’olio, in frigo le verdure di stagione, formaggi, uova.

Qual è il tuo cibo consolatorio?
Pan unto: pane casereccio, sfregatina di aglio, olio, origano.

Che rapporto hai con le tecnologie?
Non sempre sono d’accordo sull’esasperazione, la cucina va vissuta, anche se la tecnologia ha portato livelli di cottura, risparmio, pulizia, ordine importanti. Sono nato con la padella di ferro, con il fuoco, con un forno coibentato in mattoni refrattari e per me rimangono un saporito e dolce ricordo.

All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Insieme ai dannati, farei assaggiare il mio pane e pomodoro o il mio pan unto.

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Tutte quelle persone che considerano la cucina uno dei momenti più belli della vita: chi ama il cibo ama la vita.

Quale quadro o opera d’arte rappresenta meglio la tua cucina?
La Primavera del Botticelli.

Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
L’Inno alla Gioia di Beethoven.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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