È chiaro che il percorso per arrivare a svolgere la professione di cuoco ai più alti livelli, oltre che da una grande passione di fondo, unita a spirito di sacrificio, tenacia, determinazione e studio, non possa prescindere dalle esperienze fatte “sul campo” soprattutto all’estero, per aprirsi ad altre culture non solo culinarie, per mettersi alla prova, per capire meglio da dove veniamo e cosa vogliamo trasmettere.
Detto questo, Giorgio Trovato (nella foto) ha davvero esagerato nel proiettare la mente e il cuore verso altri paesi; guardando il suo passaporto si può dire che per i due terzi della sua vita ha avuto le mani impegnate in egual misura con gli strumenti di cucina e con valigie e bagagli.
Nato a Corigliano Calabro (Cs) ma residente a Siena fin da ragazzo, ha un brillante curriculum scolastico dal liceo classico all’università di Siena, i corsi professionali e le esperienze lavorative sono invece impossibili da elencare, praticamente in ogni angolo del mondo, l’ultima e fra le più significative quella come executive presso il lussuoso Stefano’s Fine Food di Kiev in Ucraina, avventura durata due anni e terminata lo scorso maggio.
È presidente e docente di Fippc (Federazione italiana professional personal chef) per la quale spende grande energia. La sua cucina? Malgrado alcune contaminazioni dalle cucine di tutto il mondo rimane saldamente ancorata alle origini mediterranee tanto da poter definire Trovato un autentico ambasciatore dell’italianità.
Da bambino cosa sognavi di diventare?
Agricoltore… ricordo ancora quando mio nonno mungeva il latte direttamente dalla mucca che mi aveva regalato… effetto latte alla spina!
Il primo sapore che ti ricordi?
La frisella con pomodoro che preparava la nonna a tutti i suoi nipoti per tenerci buoni.
Qual è il senso più importante?
La vista… capace di accendere tutti gli altri sensi.
Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
Il primo piatto dedicato ad una donna… consistenze diverse , temperature diverse. Situazioni e sensazioni differenti che riescono ad essere armoniche se gustate nel modo giusto; insomma tutto ciò che rende la donna così particolare e per me la cucina è donna.
Come hai speso il primo stipendio?
Regali per la mia famiglia e un coltello per me.
Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?
Il cannolo siciliano, la mia coccola di gamberi viola e ricciola, il cous cous in tutte le sue interpretazioni.
Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Champagne, cioccolato e un bel po' di birre artigianali.
Qual è il tuo cibo consolatorio?
Una ricetta della nonna a base di melanzane.
Che rapporto hai con le tecnologie?
Ottimo, sono assolutamente necessarie per chi lavora in cucina, ci aiutano a migliorare il livello qualitativo di quanto preparato per i nostri ospiti.
All’inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Qualsiasi cosa a base di frattaglie… consistenze che non mi convincono, prima ancora che sapori su cui discutere.
Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Due persone: mia mamma, che ho perso un po’ di tempo fa, per godere ancora di un suo sorriso e dei suoi sguardi e la prima donna alla quale ho dedicato un piatto.
Quale quadro o opera d’arte rappresenta meglio la tua cucina?
Il quadro sicuramente The Singing Buttler di Jack Vettriano.
Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
Senza dubbio “Libertango”… comunque un tango, classico o moderno, in cui passione, sensualità e rispetto si miscelano in modo sinergico.