Parlare male, ad un barese, della Tiella di Riso Patate e Cozze equivale quasi ad offendergli la mamma o la sorella. Così io, dopo aver letto, sul suo blog, che Paolo Marchi, in Puglia, non era riuscito a mangiarne una buona, definendola impietosamente “mappazza stracotta”, sono rimasto letteralmente basito. Certamente lui aveva espresso un parere senza avere l’intenzione di offendere nessuno, ma la mia prima reazione è stata quella di scrivergli, colpito nel mio orgoglio di pugliese dalla sua affermazione, che sembrava non lasciare spazio ad una seconda chance.
Come si può affermare una cosa del genere in Puglia, la patria della Tiella? Pensandoci meglio, però, e considerandone le indiscutibili competenze in campo gastronomico, mi sono chiesto se Paolo non avesse messo a nudo una lacuna nell’offerta ristorativa della mia regione, di cui non mi ero accorto, troppo abituato, come sono, a frequentare ristoranti di sicuro valore. Noi pugliesi i piatti della tradizione ce li prepariamo in casa, con le ricette tramandateci di madre in figlia e presumendo, a ragione, di avere una cucina ottima, gustosa, semplice e salutare, fatta di grandi prodotti del mare e della terra, probabilmente non abbiamo mai dovuto rispondere ad una critica così aspra.
Presunzione? Non credo, ma, forse, disattenzione sì, ci sta. È facile, in Puglia, mangiare bene e a buon prezzo, facile gustare un buon piatto di orecchiette, un purè di fave e cicorie, degli ottimi panzerotti, insomma, più o meno ovunque, per un turista l’impresa non è certo ardua. E per un gourmet? Anche i ristoranti in grado di soddisfare le esigenze di chi vuole qualcosa di nuovo, di più curato e ricercato, ormai sono davvero tanti. Dal Gargano al Salento, passando per la Terra di Bari, tanti chef talentuosi offrono piatti d’autore, moderni e gustosi utilizzando le meravigliose materie prime che la Puglia offre.
“E allora dov’è il problema?” mi sono chiesto. Com’è potuto accadere che Paolo Marchi, profondo conoscitore della mia regione, qui non riesca a trovare una buona Tiella? Se, dal suo punto di vista, avesse le sue buone ragioni? Forse nei ristoranti la preparano senza attenzione alla qualità del riso, a quella della patata, oppure, peggio, la offrono riscaldata più volte? Tutte domande a cui mi sembrava giusto dare una risposta. Volevo, quindi, porre riparo a questa lacuna, cercando di calamitare l’attenzione intorno a questa gustosa pietanza. Sì, perché la Tiella, se ben fatta, è un eccezionale mix di sapori del mare e della terra, nel quale la Patata e la Cozza si fanno unire in matrimonio dal “sacerdote” Riso.
Infatti è proprio il riso che, andandosi ad infilare nell’unica valva delle cozze (l’altra viene eliminata), appoggiata sul primo strato di patate con il frutto che guarda verso l’alto, ne assorbe il gusto e restituisce i sapori primari del piatto. Sembra facile la Tiella, ma non lo è. Basta sbagliare le proporzioni degli ingredienti, la qualità del riso, la quantità di liquido utilizzata e il risultato non è quello atteso. Basta che le cozze non siano quelle giuste, carnose, del periodo che va da maggio a settembre, oppure che si esageri con il pecorino. Non si può correggere in cottura, una volta assemblata e infornata “les jeux sont faits, rien ne va plus!”, e quello che viene, viene.
Per questo io dico che è ricetta capricciosa, ha bisogno di bravura e di tanta esperienza. Un’esperienza che le donne di casa hanno grazie alle tante Tielle preparate, ma che, paradossalmente, non hanno gran parte degli chef, bravissimi ed espertissimi a cimentarsi con sifoni, basse temperature, sottovuoti, gommine, addensanti e lecitine ma, spesso, poco avvezzi alla cucina tradizionale. “Ma allora - mi sono chiesto - dobbiamo lasciare che questa ricetta sia dimenticata dai ristoranti gourmet senza pensare neppure di intervenire sulla qualità per salvaguardarne, nel contempo, l’antica tradizione? Dobbiamo accettare che sia relegata ad un ruolo di secondo piano e ad un consumo quasi esclusivamente familiare o, peggio, che sia proposta in improbabili e scadenti versioni in esercizi di basso livello? Oppure farle fare la fine della famosa Paella spagnola o delle Costolette alla milanese, proposte ovunque, ma in versioni buone solo per mal soddisfare la curiosità gastronomica di turisti più attenti alla spesa che alla qualità?
Questa cosa proprio non mi andava giù, non la potevo accettare. “Mappazza stracotta” l’ha definita Paolo Marchi in visita nella mia Puglia, e se l’ha detto lui, giornalista apprezzato e competente, qualcosa di vero deve pur esserci. Allora grazie Paolo! Se la critica, pur aspra, è costruttiva, ben venga. Bisognava, però, fare qualcosa. La Puglia è terra che regala grandi emozioni dal punto di vista culturale, paesaggistico, storico e, senza alcun dubbio, gastronomico, quindi il concetto di approssimazione non può appartenerle.
Così, su mia sollecitazione, il 27 aprile scorso, i migliori ristoranti di Puglia e alcuni chef pugliesi fuori regione, si sono stretti la mano intorno a questo piatto creando un ideale “girotondo virtuale”, con lo scopo di attirare l’attenzione su quella porzione di terra che va dallo sperone al tacco dello stivale italiano. La Compagnia Della Lunga Tavola, in collaborazione con l’Associazione Cuochi Baresi, ha messo a disposizione la propria struttura organizzativa dando il via ad un tam tam mediatico, che ha entusiasmato gli chef e i patron dei numerosi ristoranti che hanno voluto aderire all’iniziativa Mordi la Puglia.
Così l’abbiamo chiamata, perché si é voluto proprio dare l’idea di addentare qualcosa di buono. E la Puglia è buona. E’ buona perché si mangia e si beve in modo meraviglioso; il nostro vino, non è più quello che andava a rinforzare la gradazione alcolica di ben più pregiate etichette, ma il Primitivo, il Negramaro e il Nero di Troia sono prodotti sempre più apprezzati da pubblico ed esperti. È buona perché è piena di masserie dove trovare ottimi formaggi e latticini, perché le nostre campagne danno ortaggi, erbe spontanee, uva da tavola e olive per la produzione del nostro olio extravergine, nella quale la Puglia eccelle in quantità, essendo il primo produttore in Italia con più di un terzo della produzione annua nazionale, ma anche in qualità e, aspetto che non guasta, prezzi contenuti. Da noi il burro in cucina praticamente non si usa. Da sempre, è proprio l’olio la base irrinunciabile della nostra semplice cucina, usato a crudo sulla verdura, su pane e friselle, ma anche per il soffritto del ragù di brasciole o per friggere panzerotti e pesce.
Pesce cotto, ma anche crudo. La Puglia, Bari in particolare, è l’unico luogo al Mondo dove si consuma più pesce crudo che in Giappone. Da noi il crudo, “ù ccrùte”, è un rito al quale nessun barese si sottrae. Ricci di mare, tagliatelle (seppie tagliate a striscioline), allievi (piccole seppie), ostriche, cannolicchi, canestrelle, noci e noci reali, cozze e cozze pelose, sono un’abitudine domenicale immancabile su ogni tavola barese. Per non parlare dei polpi, che a Bari subiscono un trattamento non riscontrabile in alcun luogo al Mondo, la sbattitura e l’arricciatura, azioni propedeutiche al consumo a crudo, perché li rende più consistenti e gradevolmente croccanti. Facile, sul lungomare di Bari, imbattersi in personaggi che sollevano i polpi e li lanciano con violenza sullo scoglio per intenerirne le carni. Dopo questo trattamento i polpi finiscono in un canestro fatto con rami d’ulivo, nel quale, con movimento rotatorio vengono strofinati fino ad arricciarsi. Questo modo di trattarli ha persino ispirato una divertente poesia dialettale, il cui titolo, letteralmente tradotto, significa emblematicamente “La malasorte del polpo barese”, perché definisce particolarmente sfortunato il cefalopode pescato nei nostri mari, proprio a causa dei trattamenti che subisce appena catturato.
“Mordi la Puglia”, la manifestazione che ho ideato, ha avuto e avrà in futuro proprio lo scopo di calamitare l’attenzione sulla nostra gastronomia e sulla nostra offerta ristorativa. Così si è voluto iniziare proprio dalla Tiella di Riso Patate e Cozze, usandola come “cavallo di Troia” e come anello di congiunzione tra chef, ristoratori, clienti e operatori della comunicazione, in una giornata che ha visto tutti uniti con l’unico scopo di divulgare le eccellenze della nostra terra. Notevole è stato il successo riscontrato tra i clienti e l’idea è stata molto apprezzata anche dai ristoratori, che hanno potuto, così, svolgere opera di divulgazione senza muoversi dal proprio locale. Proprio questi ultimi, numerosissimi e tra i più importanti e rappresentativi della regione, sabato 27 aprile si sono cimentati nella preparazione del piatto e lo hanno offerto gratuitamente ai clienti, raccontandolo e regalando la ricetta spiegata in ogni suo passaggio.
Angelo Sabatelli, “promessa” e prossima Stella Michelin, chef e patron dell’omonimo ristorante a Monopoli (Ba), che in carta propone una versione tanto innovativa quanto lontana dalla tradizione, si è cimentato in una Tiella tradizionale dalla crosta piacevolmente gratinata e saporita. Raffele Liuzzi, chef di Canosa ormai da molto tempo sulla riviera romagnola dove riscuote successo con i suoi piatti creativi, mi ha detto:”Ho presentato ai clienti la ricetta tradizionale, perché non me la sono sentita di modificare un piatto che è un’opera d’arte”.
Non da meno, il Cim (Chef italiani nel mondo) ha voluto dare il suo prestigioso contributo a questo evento. Infatti il presidente Marco Medaglia e il vice Mauro Bellodi, mi hanno contattato su Facebook e hanno messo in moto i loro meccanismi di comunicazione, facendola cucinare e apprezzare in numerosi ristoranti di Hong Kong, Pechino, Jeddah, Shangai, Hangzhou, Ankara, Manama, Sarasota, Manila, Ringsted, Bacau, Phuket, Londra e Schenkenzell nella Foresta Nera.
Tanti, com’è ovvio, anche i ristoratori delle province di Bari e Taranto, più avvezzi a questa pietanza per motivi di tradizione, ma che dire degli alfieri della cucina di Capitanata (Peppe Zullo, Gegè Mangano, Nazario e Lucia Biscotti, Domenico Cilenti, Rosario Didonna e Leonardo Vescera), che, pur non avendo la Tiella tra le loro ricette tipiche, si sono fatti mandare la ricetta e l’hanno interpretata pari pari o con qualche piccola variante, come nel caso di Zullo che ha sostituito la zucchina con la spontanea borragine? Eh si, la zucchina. Chi sostiene che si deve mettere, chi no. Chi dice che serva a mantenere l’umidità interna, chi dice sia inutile allo scopo. Tutte chiacchiere, ma la verità è molto più semplice di ogni diatriba che nel tempo si è creata su quest’argomento. Ricordo, come fosse ieri, mia nonna Maria, barese verace, inserire quest’ortaggio nella Tiella, ma solo nel periodo estivo. Il perché è presto detto: oggi prodotti come zucchine, melanzane, peperoni, pomodori, sono disponibili tutto l’anno, prodotti di serra che arrivano da ogni dove, ma, tanti anni fa, non era così. Le zucchine si trovavano solo d’estate ed era quello il periodo in cui la Tiella di riso patate e cozze si arricchiva, appunto, con l’aggiunta delle “cocozze”.
Da sempre ci si sofferma sulla zucchina, mentre quasi mai si parla del riso o dei pomodori. Il riso che usava mia nonna verso la fine degli anni ’60 era quello che si trovava all’epoca, cioè il riso sfuso, che necessitava di una preventiva e accurata pulizia, eliminando pietruzze, paglia e la polvere che si depositava nei sacchi. Poi veniva messo a bagno per una mezz’ora al fine di ridurre l’amido, in modo da non fare incollare i chicchi fra loro, per evitare, appunto, la “mappazza”. Era riso “originario”, quello da minestre, facile a scuocersi. In seguito l’industria ci ha messo a disposizione il “parboiled”, un riso che subisce un pretrattamento a vapore e una successiva essicazione, rendendo il chicco pressoché impermeabile e tenace in cottura. Molti sono coloro che, ancora oggi, usano questo prodotto, proprio perché agevola la preparazione: è cotto quando sono cotte le patate, sempre, eliminando ogni rischio di stracottura. Ma come ho già detto è impermeabile ai sapori, quindi per una tiella saporita e profumata non va bene. Anche la cucina tradizionale ha la sua evoluzione e, nel tempo, le aziende produttrici ci hanno offerto una scelta più accurata e attenta delle varie qualità di riso, mettendoci a disposizione un vero fuoriclasse, il Carnaroli (ma va bene anche un Arborio), senza ombra di dubbio il più adatto per questo tipo di preparazione, grazie alla sua capacità di catturare i sapori e al suo chicco di grandi dimensioni. Un riso carico di amido, ma quando si fa la Tiella, si sa, il riso va lavato…così il problema della “mappazza” è bell’e risolto.
La stagione comandava anche sui pomodori, perché d’estate si usavano quelli freschi, mentre d’inverno era d’obbligo utilizzare quelli “al filo”, saporiti e sempre disponibili. E le cozze? Le migliori vengono dal mare di Taranto, ma non sempre è facile reperirle. Quindi spazio anche ad altri prodotti, purché di qualità e provenienza sicura. Stesso discorso vale per le patate. In Puglia ci sono delle eccezionali qualità a pasta gialla come quelle di Margherita e Zapponeta o di Polignano e Monopoli, particolarmente cariche di vitamina C per la vicinanza al mare, oppure la pregiata Sieglinde di Galatina. Sulla cipolla si può essere più elastici. La famosa cipolla di Acquaviva delle Fonti viene raccolta in un periodo troppo breve e si tende a consumarla a crudo, gli “sponsali” (cipolle porraie) sono tipicamente invernali, quindi spazio a cipolla bianca o alla dorata, di sapore meno aggressivo. Perfetto il cipollotto primaverile, profumato e delicato. E poi aglio (non quello cinese!) e prezzemolo freschi. Usando questi prodotti di qualità si è già sulla buona strada per la preparazione di una Tiella fatta “come Dio comanda”.
Nell’assemblaggio, però, ci vuole esperienza e sensibilità, è importante che le patate siano tagliate tutte ad egual misura, circa 4/5 mm, e non bisogna esagerare con il riso, perché in cottura si gonfia. Anche il pecorino non deve essere troppo, altrimenti rischia di sovrastare i delicati sapori del mare e della terra che contribuiscono a quel meraviglioso amalgama. L’acqua è importante, sia quella delle cozze, filtrata con attenzione, sia quella di rubinetto, da aggiungere rispettando una salinità di 7 grammi ogni litro e in quantità tale da lambire l’ultimo strato, senza coprirlo. Poi in forno a180/200° per 40/50 minuti a seconda delle dimensioni della Tiella, fino a cottura delle patate e a completa gratinatura della superficie.
Ecco pronta, così, una meravigliosa Tiella di Riso Patate e Cozze, ma io aspetterei un po’ a mangiarla, quando è bollente non si esprime al massimo. Dà il meglio quando è tiepida, prima di raffreddarsi completamente, perché si assesta e i sapori raggiungono così il perfetto amalgama. Se preparata così la Tiella di Riso Patate e Cozze è da leccarsi i baffi ed è davvero rappresentativa della cucina di Puglia, proprio perché sintetizza le caratteristiche di una regione che è sia contadina che marinara, ricordando, in un unico piatto, le influenze di antiche dominazioni che sono passate da questa meravigliosa terra.
Nei ristoranti aderenti a “Mordi la Puglia”, preparata secondo tradizione, la Tiella è stata regina per una sera, calamitando l’attenzione dei commensali, che, dopo averla assaggiata gratuitamente, hanno avuto la possibilità di portarsi come gradito cadeau la ricetta firmata e certificata dall’Associazione Cuochi Baresi e dall’Accademia Italiana Gastronomia Storica. Fondamentale è stata anche l’adesione di alcuni istituti alberghieri che hanno tenuto una giornata di studio sull’argomento, ponendo così le basi perché i giovani cuochi non dimentichino questo piatto. In particolare l’I.P.S.S.A.R. Majorana di Bari, ha ospitato una giocosa conferenza stampa aperta al pubblico, allestendo due postazioni di cucina. Nella prima la Tiella era preparata da due chef baresi, Giuseppe Panebianco e Daniele Caldarulo, nella seconda l’Assessore provinciale Vito Perrelli è stato “costretto” a cucinare la Tiella affiancato da due anziane signore baresi veraci, Margherita e Maddalena, che gli hanno insegnato le sequenze della preparazione. Alla fine i ragazzi della scuola, affiancati dai loro professori e guidati dal vice preside Lorenzo Griglia e dal dirigente scolastico Paola Petruzzelli, l’hanno servita in un buffet allestito ad arte, con grande soddisfazione di tutti i presenti alla manifestazione.
Insomma, migliaia di persone hanno potuto “mordere” la Puglia, il 27 aprile scorso, con uno dei piatti bandiera della sua eccellente gastronomia, grazie ai molti chef che si sono uniti intorno a questo piatto, preparandolo in luoghi anche molto distanti fra loro. Terra ricca di cultura e tradizioni, la Puglia, non ha ancora compreso appieno il proprio valore in cucina, e le sue potenzialità, a mio parere sono ancora in gran parte inespresse; pian piano, però, sta raggiungendo quella consapevolezza che le consentirà di fare il definitivo salto di qualità che la farà salire - ne sono assolutamente certo - nella considerazione degli esperti, soprattutto se si smetterà di correre dietro ai giudizi di certe guide e saprà ripartire dalla valorizzazione di quei meravigliosi prodotti che la sua terra e il suo mare offrono.
“Mordi la Puglia” servirà, anche in futuro, proprio a mettere in evidenza le qualità di una regione che, in gastronomia, può essere davvero leader, se solo saprà sviluppare con intelligenza quell’identità territoriale che è la sua vera ricchezza. Un’identità territoriale che, sviluppata da grandi interpreti - e ce ne sono tanti - ma anche da una base ristorativa di qualità, può portare a grandi risultati. Sabato 27 aprile tutto ciò si è toccato con mano, anzi gustato davvero, in questa manifestazione che ha avuto qualcosa di magico, richiamando anche l’attenzione delle istituzioni, in particolare Provincia di Bari e Regione Puglia, le quali hanno concesso il loro patrocinio morale.
Una magia che, a grande richiesta dei ristoratori di Puglia, si ripeterà periodicamente sul tema di altre ricette tipiche, in un girotondo destinato a diventare sempre più grande, con la finalità di divulgare, in maniera corretta, le tradizioni e la cultura di una terra che, oltre al mare, ai trulli, alle masserie e ai ritmi ossessivi della pizzica, è anche la culla di una cucina varia, saporosa e, aspetto non meno importante, amica della salute. L’estate è alle porte, venite in Puglia, dove la natura è colore, l’accoglienza è amore, il cibo è sapore. Vi aspetto!
Tiella di riso patate e cozze
Ingredienti (per 8-10 persone): 2,5 kg di cozze da pulire, 350 g di riso carnaroli o arborio, 250 g di cipolle bianche, 2 spicchi d'aglio, 400 g di pomodorini ciliegini o fiaschetti (in inverno è preferibile usare quelli al filo), 800 g di patate, 40 g di Pecorino romano grattugiato (oppure mescolato con Parmigiano reggiano per un sapore meno aggressivo), sale fino q.b., pepe q.b., olio extra vergine d’oliva pugliese (preferibilmente Cima di Bitonto), prezzemolo q.b., 250 g di zucchine (facoltative)
Preparazione: lavare il riso in acqua fredda tenendolo a bagno per una mezz’ora. Aprire le cozze a crudo (assolutamente non in padella), dopo averle pulite bene esternamente con una paglietta metallica. Lavarle sotto l’acqua corrente. Schiacciarle leggermente facendo scivolare in avanti una delle due valve fino a sentire il tipico "clac". Inserire un coltellino tra le due valve e farlo scorrere fino ad aprire la cozza. Spostare il mollusco su una sola valva ed eliminare l'altra, raccogliendo in una ciotola il liquido che ne uscirà. Procedere così con tutte le cozze e adagiarle in un contenitore. Filtrare l’acqua con un passino fine o un telo di cotone, in modo da eliminarne tutte le impurità e tenerla da parte.
Cospargere la base della teglia che useremo (preferibile in terracotta) creando una base con ottimo olio extra vergine e le cipolle tagliate. Pulire le patate e tagliarle a fette omogenee di non più di ½ centimetro di spessore, per consentire una cottura uniforme. Fare un primo strato di patate, sul quale adageremo le zucchine a fette, qualche pomodorino e il prezzemolo. Spolverizzare con il formaggio, un po’ di pepe e ancora olio. A questo punto fare uno strato utilizzando tutte le cozze con il frutto rivolto verso l’alto. Spolverizzare con il riso facendo attenzione a farlo entrare nelle cozze aperte. Tritare l’aglio e cospargerlo sul riso insieme ad altre rondelle di cipolla, prezzemolo e ancora formaggio.
Macinare abbondante pepe su tutta la superficie. Fare lo strato di chiusura con le restanti patate avendo cura di coprire completamente. Completare con i restanti pomodorini e spolverizzare ancora con il formaggio e ancora olio. A questo punto la tiella è composta, ma bisogna aggiungere i liquidi. Inserire lateralmente, quindi, il liquido filtrato delle cozze e completare con acqua leggermente salata (circa 7 g di sale ogni litro) fino al limite dell’ultimo strato, senza superarlo. Il giusto quantitativo è quello che si ottiene allorquando, premendo leggermente la superficie dell’ultimo strato, l’acqua affiora in superficie. Infornare a 200°C in forno statico per 40/50 minuti, finché le patate saranno cotte e si sarà formata un’appetitosa crosta dorata.
La Tiella è ottima mangiata tiepida, in modo da consentire ai suoi sapori di amalgamarsi bene.