I cittadini di Beirut, in Libano, stanno inscenando ormai da circa 48 ore una protesta massiccia contro il Governo dopo aver appreso che saranno innalzate le tasse su tabacco e benzina e introdotte di nuove, come quella che riguarda Whatsapp. Ad accendere la miccia della protesta sono state le opposizioni del Governo di Saad Hariri ritenuto incapace di guidare un Paese già afflitto da una grave crisi economica.
Le proteste in mattinata
Samir Geagea, leader cristiano maronita delle Forze libanesi, ha chiesto le dimissioni dell'esecutivo. La proposta di nuove tasse è arrivata durante la discussione sul bilancio statale del 2020. Nonostante la tassa sull’uso di WhatsApp e su altri social di messaggistica fosse stata già revocata dal governo ieri i disordini e i sit-in hanno continuato ad infiammare la capitale durante tutta la notte.
Governo sotto accusa per il carovita
Anche oggi la protesta non è cessata. La situazione è in bilico e per alcuni istanti è sembrata volgere al peggio dopo la notizia della morte di due persone coinvolte in un incendio. A causa dello stato di agitazione diversi locali sono stati chiusi, mentre bar e ristoranti restano aperti per la maggior parte. Ad essere protagonisti delle manifestazioni di protesta soprattutto giovani che sventolano bandiere nazionali e intonano l’inno ufficiale. L'esercito non argina in alcun modo le manifestazioni, che si sono spostate nella zona dell'aeroporto bloccandone di fatto l'accesso anche con incendi.
Il cardinale
Béchara Raï, patriarca maronita, durante l’incontro con la comunità libanese in Benin ha commentato le proteste di piazza affermando che il popolo, già tartassato da dazi e balzelli, non può permettersi altre tasse aggiuntive ed è compito del governo affrontare le cause della crisi economica e il deficit fiscale che attraversa il Paese dei cedri. «Alziamo la voce insieme ai manifestanti - ha dichiarato - per opporci all’introduzione di tasse aggiuntive». Secondo quanto riporta il sito di
AsiaNews, il patriarca maronita ha affermato che è tempo di fermare il «saccheggio» e lo «spreco» di denaro pubblico, a cui si unisce il fenomeno del «contrabbando» attraverso strutture come porti, aeroporti, dogane. Ha attaccato una classe dirigente che vuole «imporre tasse ai poveri» che costituiscono «oltre un terzo del popolo libanese: il tasso di disoccupazione è vicino al 40% e la fame e la miseria minacciano molti cittadini».
(Tassa su Whatsapp e carovita
Libano bloccato dalle proteste)
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