La carenza di personale è una piaga con cui, ormai è chiaro, bisogna fare i conti. A farne le spese questa volta è stata un'attività storica, il Caffè Terzi di Bologna, costretto a chiudere uno dei suoi due bar perché rimasto senza dipendenti.
Il Terzi To Go, chiuso per l'assenza di personale
Offre 1300 euro, ma non trova nessuno
La serranda abbassata è quella del Terzi To Go, il chiosco di piazza Aldrovandi (l'altro locale è quello di via Oberdan, sempre nel capoluogo emiliano). Nei giorni scorsi al suo esterno è apparso un cartello eloquente: «Chiuso per mancanza di personale, ma se sei barista e vuoi lavorare chiama, così potremo riaprire».
L'offerta? 1300 euro per 40 ore settimanali, ma, stando a quanto riferito dai titolari al Resto del Carlino, la proposta non ha trovato risposta. Una richiesta di appuntamento, poi disdetta, e qualche telefonata, ma di gente con pochissima esperienza. «Noi offriamo un'assunzione regolare come barista di quinto livello, con contratto collettivo nazionale del lavoro - ha spiegato sempre al Carlino Elena Terzi - Alcuni chiedono di avere libero il week end, altri di lavorare part time e per questo poi finiscono per non essere interessati all'offerta. Capita anche, alcune volte, che persone con la disoccupazione o il reddito di cittadinanza chiedano di poter lavorare 5-6 ore alla settimana in nero, per arrotondare».
«Serve un tavolo permanente in Regione»
Sul tema è intervenuta anche la Cgil dell'Emilia Romagna. «Abbiamo dati dell'ispettorato nazionale del lavoro che dicono che nel settore il 70% delle attività presenta delle irregolarità: non corretta applicazione dei contratti, non corretto pagamento delle ore di lavoro, degli straordinari, condizioni che non vengono rispettate. Forse è questo uno dei motivi per cui lavorare in questo settore è meno interessante, meno attrattivo. Non bisogna generalizzare, ma il singolo caso può risentire della condizione generale - ha spiegato il segretario generale Paolo Montalti - La difficoltà nel trovare personale non diciamo che non sia vera a prescindere. Diciamo però che non è legata al tema, come sostiene qualcuno, che le persone non rinunciano al reddito di cittadinanza. Inoltre dopo la pandemia molti si sono accorti che ci sono esigenze diverse, persone lasciano con dimissioni volontarie e fanno altre scelte di vita. E poi non dimentichiamo che pubblici esercizi e ristorazione hanno subito particolari restrizioni e chi lavorava lì ha subito riduzioni di reddito con ore di cig e altro».
Il sindacato, sul tema, ha chiesto alla Regione «di aprire un tavolo permanente sul lavoro nel turismo» e poi «di puntare sulla formazione, perché sono lavori che devono essere qualificati e di incrociare domanda e offerta mettendo insieme gli enti bilaterali».