Il vino italiano tra eccellenza e sfide globali è stato il titolo del XIV “Incontro con il Territorio” del Comitato Leonardo organizzato in collaborazione con Herita Marzotto Wine Estates a Erbusco (Bs) presso Ca’ del Bosco. Il Comitato Leonardo, presieduto da Sergio Dompé, è nato nel 1993 su iniziativa comune di Confindustria, dell’Ice e di un gruppo d ’imprenditori e uomini di cultura con l’obiettivo di promuovere e affermare la “Qualità Italia” nel mondo.

Ca' del Bosco ha ospitato la giornata di approfondimento sul vino italiano
«Il settore enologico - ha ricordato Sergio Dompé - rappresenta una parte del made in Italy irrinunciabile, una delle punte di diamante, con oltre 30.000 imprese di trasformazione, 74mila occupati e un fatturato che supera i 16 miliardi di euro, di cui più di 8 miliardi derivano dall’export. Esempio d’eccellenza la tenuta Ca’ del Bosco, oggi tra le aziende leader nella produzione di Franciacorta». Gli ha fatto eco Gaetano Marzotto, presidente di Herita Marzotto Wine Estates: «Siamo onorati di accogliervi in questa meravigliosa tenuta, fiore all’occhiello di Herita Marzotto Wine Estates, in un anno per noi così speciale: il novantesimo anniversario dalla nostra fondazione, raggiunto grazie alla capacità di innovare costantemente, alla diversificazione del nostro portfolio, all’internazionalizzazione e a scelte lungimiranti in grado di prevedere i cambiamenti del consumatore in materia di gusto e di occasioni di consumo. Il vino italiano è forte e dobbiamo diventare ancora più forti nel mondo. Dobbiamo fare sistema. Il 2026 sarà un anno di verifica».
Vino italiano, l'attenzione del Governo
«L’iniziativa di oggi - ha sottolineato Matteo Zoppas, presidente di Ice Agenzia - mostra la particolare attenzione che si vuole attribuire al mondo del vino anche per dare seguito al Tavolo di lavoro promosso dalla premier Giorgia Meloni. Non può passare inosservato il concreto lavoro del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il lavoro del ministro Antonio Tajani sull’onda della diplomazia della crescita. Ma anche le migliori condizioni per produrre in Italia ed essere competitivi all’estero create dal ministero del Made in Italy sotto il coordinamento del ministro Adolfo Urso. Nel 2024 l’export del vino italiano ha toccato la cifra di 8,1 miliardi di euro, sui 70 dell’intero comparto agroalimentare e i 620 del totale delle esportazioni, migliorando del 5 per cento il dato del 2023. I dati dell’Istat indicano una lieve flessione dello 0,9 per cento nei primi sette mesi del 2025 sullo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, occorre essere prudenti perché le informazioni che giungono da diverse parti del mondo indicano una flessione più marcata negli ultimi mesi e bisogna comprendere quanto sia dovuto all’applicazione dei dazi e quanto alle abitudini del consumatore».

Gaetano Marzotto e Sergio Dompé
A tutto campo il pensiero di Ettore Prandini, presidente Coldiretti: «Bisogna fare squadra e rete per approfondire sempre più i mercati internazionali. La svalutazione del dollaro pesa più dei dazi e noi dobbiamo avere una visione strategica e fare cultura sul prodotto per essere presenti nei nuovi mercati. Le Ambasciate devono essere sempre più rappresentanze economico commerciali. Sul fronte interno va potenziato l’enoturismo e le cantine dovrebbero essere anche luoghi dove ospitare e offrire food. Ricordiamoci che per i turisti Usa l’Italia è al primo posto come esperienza enogastronomica».
Vino italiano, 16 miliardi di fatturato
Di grande rilievo nell’ambito dell’incontro a Ca’ del Bosco la relazione di Denis Pantini, responsabile Agroalimentare e Wine monitor di Nomisma, su “La competitività del vino italiano nello scenario di mercato: evoluzione e prospettive”. Il comparto conta oltre 30.000 imprese di trasformazione (oltre 240.000 aziende nella fase primaria della filiera), 74mila occupati e un fatturato che supera i 16 miliardi di euro e un peso del 9% sul food & beverage nazionale. L’export, nel 2024, ha toccato gli 8,1 miliardi di euro, ovvero il 14% dell’export agroalimentare complessivo. Il vino, è stato sottolineato, rappresenta un asset strategico non solo economico, ma anche territoriale e sociale: oltre il 60% dei vigneti italiani si trova in aree collinari e montane, contribuendo alla tenuta delle aree interne e alla valorizzazione della biodiversità.?L’Italia resta il primo esportatore mondiale per volumi e il secondo per valore, dietro la Francia. Tuttavia, nel corso degli ultimi vent’anni, il nostro posizionamento sui mercati esteri è aumentato in maniera rilevante. «Se a inizio millennio - ha puntualizzato Pantini - l’Italia era leader nell’export di vino in appena 9 mercati, oggi lo è in 46, con una quota a valore che è passata dal 17% al 22%, contro un calo dei vini francesi che sono diminuiti dal 38% al 33% dell’export mondiale. La forza del vino Made in Italy è rilevante e sta portando alla conquista di nuovi mercati nel Sud-est asiatico, in America Latina e nell’Est Europa».

Vino: l'Italia resta il primo esportatore mondiale per volumi
Va anche segnalato come la struttura produttiva del vino italiano è estremamente frammentata: a fronte di 409 Dop e 118 Igp, le prime 100 imprese coprono solo il 46% del fatturato e il 58% dell’export, contro percentuali molto più alte in Francia e Australia. C’è inoltre una forte dipendenza dal Prosecco, che da solo rappresenta un quarto dell’export imbottigliato italiano, una concentrazione che espone il sistema ai rischi di saturazione dei mercati e di variazioni regolatorie o commerciali.
Vino italiano, dazi commerciali e svalutazione del dollaro
Altro punto cruciale è rappresentato dai dazi commerciali. A causa loro e delle rappresaglie incrociate tra Stati Uniti, Canada e Cina, i produttori americani, paradossalmente, hanno perso nei primi sette mesi del 2025 circa il 30% del loro export complessivo. Il mercato canadese e quello cinese, tradizionalmente forti per gli Usa, si sono drasticamente ridotti. Per l’Italia l’effetto diretto è più attenuato, ma comunque presente, aggravato anche dalla contemporanea svalutazione del dollaro: nei primi sette mesi del 2025, le esportazioni italiane di vino sono calate leggermente (-0,9% in valore), ma per avere un quadro più preciso degli effetti occorrerà attendere fine anno.
A seguire, la tavola rotonda, moderata da Luciano Ferraro (Corriere della Sera) ha visto il confronto tra Andrea Conzonato, amministratore delegato di Herita Marzotto Wine Estates, Paolo De Castro, presidente Nomisma, Lamberto Frescobaldi, presidente Unione italiana vini, Marcello Lunelli, vicepresidente Ferrari F.lli Lunelli, e Giacomo Ponti, presidente Federvini.
Vino italiano, attrarre pubblici più esigenti
«Dopo anni di espansione trainata dall’export - ha ricordato Lamberto Frescobaldi - il vino italiano mostra segni di rallentamento. Il nodo cruciale è il consumo: Italia, Usa, Germania e Regno Unito, che valgono complessivamente il 73% delle vendite, registrano ormai da tempo cali in volume. E proprio qui sta il punto, oggi è finito il tempo della crescita quantitativa sui mercati tradizionali, la cui domanda si è evoluta e, se vogliamo, affinata. La sfida è attrarre pubblici più esigenti con uno sforzo che deve essere prima di tutto imprenditoriale, volto a individuare i canali culturali, comunicativi e distributivi più adatti sia sui mercati di sbocco che su quelli emergenti».

Luciano Ferraro, Giacomo Ponti, Marcello Lunelli, Lamberto Frescobaldi, Paolo De Castro, Andrea Conzonato
Per Giacomo Ponti «I numeri sottolineano la solidità del nostro sistema vitivinicolo, che mantiene per l’Italia la leadership mondiale nell’export per volumi, ma un posizionamento in termini di valore che ha ancora spazio per migliorare. È un settore capace di competere grazie alla qualità, alla reputazione e alla potenzialità di generare valore condiviso lungo tutta la filiera. Lo scenario internazionale tra luci e ombre rappresenta notevoli complessità; la politica dei dazi non premia nessuno, limita gli scambi e finisce per penalizzare anche chi li introduce, come dimostrano i dati sul mercato statunitense. Al tempo stesso, osserviamo una evoluzione nei comportamenti di consumo che apre a nuove sfide e opportunità per le imprese: cresce la domanda di autenticità, sostenibilità e la ricerca di uno stile di consumo moderato, segno che il futuro del vino italiano passerà sempre più da un equilibrio virtuoso tra tradizione e innovazione responsabile».
Guarda avanti Marcello Lunelli: «Il riscaldamento climatico rappresenterà la nuova sfida. Il clima sarà davvero un problema tra 30-40 anni con le temperature medie che aumenteranno. Dobbiamo dare valore al vino anche diminuendo la quantità, cosa difficile ma programmabile».
Vino italiano, il valore dei singoli marchi
In chiusura, il pensiero di Andrea Conzonato, amministratore delegato di Herita Marzotto Wine Estates. «Il 2025 è stato sicuramente un anno difficile per il mondo del vino, dovuto al calo dei consumi, cosa da cui neanche noi siamo esenti. Ma con la forza dei nostri marchi, sui nostri mercati principali, anche quello statunitense, stiamo avendo dei risultati di business che sono migliori del resto del mercato. Stiamo guadagnando quote di mercato, ma allo stesso tempo ci sarà un segno meno di lieve entità. Per la chiusura dell'anno non sono ancora certo cosa succederà. Sul fronte dazi, negli Stati Uniti, va anche segnalato un fenomeno di accaparramento da parte dei distributori americani, perché pensano che le aziende possano fare aumenti di prezzo e di conseguenza questo avrà un valore sui nostri risultati che sarà però in qualche maniera un po' overperformante rispetto alla realtà della situazione. Per quanto riguarda il 2026, Stati Uniti a parte, i mercati stanno soffrendo del calo di consumi, ma noi con la nostra la nostra forza vendita, con i nostri importatori, ma soprattutto con la forza dei nostri marchi pensiamo che riusciremo a mantenere stabilità e addirittura, su alcuni marchi su cui stiamo puntando moltissimo, di riuscire a crescere. Un esempio è Kettmeir, in Alto Adige, che sta andando molto bene. Quindi, la preoccupazione americana c’è e vedremo come evolverà la situazione nei prossimi mesi, ma credo nella forza dei nostri marchi e delle nostre aziende. Ci permette di guardare al futuro con un certo grado di solidità e non di preoccupazione eccessiva».

Andrea Conzonato, amministratore delegato di Herita Marzotto Wine Estates
Lollobrigida: vino, patrimonio culturale e identitario
Incisivo l’intervento da Roma del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida: «Il vino, e in Franciacorta è evidente, non è solamente un prodotto, ma anche un patrimonio culturale e identitario, capace di preservare l'ambiente oltre che il lavoro. L’Italia si è battuta nelle sedi internazionali per distinguere l’eccesso di consumo di alcol dal consumo consapevole di vino e presto partiremo con una campagna comunicativa per raccontare questo prodotto nelle sue diverse declinazioni. A dicembre sapremo se la Cucina italiana diventerà patrimonio Unesco e il vino è un gioiello di famiglia all’interno di questo quadro. Sul fronte dazi sarà possibile valutare gli effetti reali solamente a valle. Senza dimenticare l’impegno portato avanti dal Governo per consolidare i mercati dove siamo già presenti e per aprirne di nuovi. Il vino va raccontato nelle sue diverse declinazioni: cura del territorio, turismo, enogastronomia».