Jenny. Un nome, una garanzia. La garanzia di non passare inosservati. La garanzia di una giornata viva per tutti quelli che le erano accanto. La sua assenza si avvertiva in redazione, dove da ormai dieci mesi non sentivamo più le sue risate schiette o le sue ramanzine, ma oggi, alla notizia che non la vedremo più fra di noi, è come se un vuoto ci avesse inghiottito tutti.
L’ho avuta come collega in due momenti diversi della sua vita. All’inizio, quando le avevo insegnato il lavoro, i rapporti non erano sempre facili per la grinta e le convinzioni quasi inossidabili con cui argomentava coi colleghi, dimostrando peraltro di saper difendere le sue idee. Poi c’è stata una pausa per altri lavori, salvo tornare da noi subito dopo il Covid, e portare tutto quello che poteva portare: energia, sensibilità, una giostra emotiva che ci ha investiti tutti, come un vulcano a volte impossibile da placare.
Si è data con tutta sé stessa, senza risparmiarsi e senza risparmiarci nulla, ed è stato impossibile non volerle bene, anche perché con la maternità il suo caratterino si era un po’ levigato.
Il male che l’ha inseguita in questi anni ha tirato fuori la guerriera che era in lei. Voleva restare tra noi con tutta la vitalità che l’ha sempre contraddistinta. E quel male ingrato non l’ha distolta dai suoi valori, né dalla sua testardaggine nel voler rimanere vegana nonostante tutto. Anche se, con grande professionalità, sapeva scrivere senza pregiudizi di qualche re della griglia: per lei era importante essere oggettivi, e avere un’idea aveva un valore immenso. Nel lavoro portava precisione, curiosità, disponibilità a mettersi in discussione: una visione che, pur nelle difficoltà, faceva la differenza. Studiava per un titolo centrato e aveva una sensibilità particolare per cercare fatti di cronaca che potevano interessare i lettori di Italia a Tavola o per promuovere gli articoli di turismo di Check-In, restando riservata e dietro le quinte. Non usava la sua firma per mostrarsi, ma lavorava per tutta la nostra squadra.

Jenny Maggioni
Ci ha insegnato cosa significa sacrificarsi per perseguire valori ed obiettivi, che in questi ultimi anni coincidevano con la tutela e la crescita di Diana, la sua vera gioia della vita, e con il lavoro per Italia a Tavola, dove aveva anche coltivato amicizie solide con alcuni colleghi.
Morire è terribile di per sé, ma lo è ancor di più se succede a 45 anni e con una figlia di 8. Diana perde una mamma che viveva praticamente per lei. La vera gioia di Jenny era infatti il veder crescere serenamente la bimba, pur fra i tanti problemi che doveva affrontare. Si potrebbe parlare di una vita con poche occasioni fortunate, ma la forza di Jenny è sempre stata quella di superare e andare oltre. Almeno fino a quando la malattia non l’ha fermata imponendole uno stop che, fino all’ultimo, non l’ha piegata, ma a cui si è poi dovuta arrendere in silenzio e con grande dignità.
Negli ultimi mesi travagliati, fra ospedale e cure, ha cercato comunque di seguire la figlia, la sua vera ragione di vita. Bloccata dalla malattia aveva dovuto rinunciare anche al lavoro che amava e che affrontava con spirito aperto e curiosità, e a cui contava di poter tornare.
Non avrei mai voluto dover usare queste parole. Anche perché per un direttore scrivere di un collega che se ne va è un po’ come perdere un figlio, un parente stretto. La morte è un appuntamento ineludibile e ci illudiamo di farvi fronte con un’obbligata accettazione. Ma a volte anche la più rigida razionalità si ribella. Se poi al dolore per la scomparsa di una persona cara si aggiunge l’amarezza di come il destino a volte voglia quasi accanirsi, l’emozione prende il sopravvento.
E questo è lo stato d’animo con cui voglio ricordare Jenny, una giovane donna che ha trascorso una vita non sempre facile, fra dolori e sofferenze, ma che ci lascia una lezione importante: anche nei momenti più bui non ha mai gettato la spugna, e ha usato la professione di giornalista quasi come un’arma di riscatto.
Grazie Jenny per la tua energia, per la tua cocciutaggine buona. Grazie per averci unito come squadra. Grazie di esserci stata amica. Grazie per esserci stata.
Ora riposa. E continua, ovunque sei, a far rumore nel modo in cui sapevi farlo tu.
La redazione e tutto lo staff di Italia a Tavola e di CHECK-IN partecipano al lutto dei familiari e abbracciano la figlia Diana, il papà Luciano e il fratello Gilles.