Ottant’anni e non sentirli. Fipe-Confcommercio arriva al traguardo dell’80° anniversario con la lucidità di chi sa che la vera sfida non è celebrare il passato, ma costruire il futuro. Con l’Assemblea Pubblica “Impresa Bene Comune”, la Federazione guidata da Lino Enrico Stoppani sceglie di guardare avanti, mettendo al centro il valore della ristorazione come presidio economico, culturale e sociale del Paese. Dalla carenza di personale all’euro digitale, dalla produttività alla candidatura Unescodella cucina italiana, il messaggio è chiaro: la ristorazione non è solo impresa, ma parte dell’identità nazionale. E come ricorda anche Italia a Tavola, difenderla significa difendere un pezzo di Paese reale.
Un anniversario che parla al futuro dell’Italia
Nel segno della continuità e della visione. Gli 80 anni di Fipe-Confcommercio, che verranno celebrati con l’Assemblea Pubblica dal titolo “Impresa Bene Comune”, rappresentano molto più di una ricorrenza storica.
Come sottolinea il presidente Lino Enrico Stoppani, «è un’occasione per ribadire la gratitudine verso gli imprenditori illuminati che nel 1945 fondarono la Federazione, in un Paese in ginocchio ma capace di pensare al futuro». Quella visione, afferma Stoppani, «era mossa dalla volontà di dare dignità al lavoro e alle imprese, di promuovere servizi e cultura, di creare occupazione e benessere diffuso».

Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe
Un’eredità che Fipe ha saputo trasformare in una presenza costante lungo ottant’anni di profonde trasformazioni economiche e sociali: dalla ricostruzione al boom economico, dal terrorismo alla globalizzazione, fino alla pandemia da Covid-19. La forza della Federazione è stata proprio quella di tenere insieme la rappresentanza economica e la responsabilità sociale, offrendo alle imprese strumenti concreti per reagire ai mutamenti della società e del mercato.
Fipe, un presidio economico e sociale del Paese
«Fipe è sempre stata un presidio di seria rappresentanza e di confronto istituzionale», rivendica Stoppani. Oggi il comparto dei pubblici esercizi vale 59,3 miliardi di valore aggiunto, inserito in una filiera agroalimentare che genera 165,7 miliardi e occupa oltre 1,4 milioni di persone. Numeri che non raccontano solo un settore economico, ma il ruolo sociale dei pubblici esercizi: luoghi di coesione, integrazione, convivialità, veri pilastri dell’identità italiana e del tessuto urbano. «Le imprese del nostro settore non offrono solo cibo o servizi, ma relazioni, cultura e qualità della vita. È per questo che la ristorazione è un bene comune», ribadisce Stoppani.
Dal Covid alla ripartenza: la rappresentanza che tiene insieme il Paese
La pandemia è stata il momento in cui questo ruolo di “collante” si è manifestato con maggiore chiarezza. Gli anni recenti hanno infatti messo alla prova il settore come mai prima: chiusure, limitazioni, crollo dei consumi e un’intera filiera improvvisamente sospesa. In quel contesto, Fipe ha assunto - come riconosce lo stesso Stoppani - una funzione essenziale non solo sul piano tecnico, ma sul piano comunitario, mantenendo compatte migliaia di imprese smarrite di fronte all’emergenza. «In quei mesi drammatici la Federazione ha dimostrato la propria solidità, contribuendo ai provvedimenti su ristori, cassa integrazione, moratorie e liquidità».

Fipe e Italia a Tavola sono stati punti di riferimento durante i mesi complicati del Covid
Una fase che, come ricordato più volte da Italia a Tavola - unico media a dare voce quotidiana al settore durante quei mesi - ha segnato una linea di demarcazione netta tra chi ha saputo esercitare una rappresentanza competente e chi ha preferito puntare tutto sulla protesta. Stoppani lo riconosce apertamente: «Il Covid è stato una palestra che ha fatto emergere le rappresentanze affidabili, capaci di avanzare proposte concrete e di accompagnare le imprese nella ripresa». Fipe, in quel frangente, non si è limitata alle interlocuzioni istituzionali: ha funzionato da punto di riferimento, orientamento e coesione, diventando di fatto l’elemento che ha tenuto unito un settore frammentato e sotto pressione. È in questo ruolo di “collante” - riconosciuto e ricordato dagli operatori - che si è consolidata la credibilità della Federazione.
Fascia media: un patrimonio a rischio
La ristorazione italiana, però, sta attraversando una crisi strutturale: la fascia intermedia, fatta di trattorie e ristoranti indipendenti di quartiere, si sta assottigliando, mentre cresce la polarizzazione tra alta cucina, spesso poco redditizia ma prestigiosa, e format low cost o fast food, che intercettano i consumatori più attenti al prezzo. Nel 2024, la spesa degli italiani per il fuori casa ha superato i 96 miliardi di euro, ma le chiusure di imprese hanno superato le nuove aperture di oltre 19mila unità, con la rete di attività operative scesa a circa 327.850. Il saldo negativo è costante da quattro anni, segnalando una contrazione strutturale del settore.

La fascia intermedia, fatta di trattorie e ristoranti indipendenti di quartiere, si sta assottigliando
I gruppi organizzati e i franchising urbani stanno guadagnando spazio, grazie a standard prevedibili, logistica efficiente e marketing centralizzato. Nel 2024 le catene hanno intercettato l’11% delle visite totali, generando quasi 10 miliardi di euro, con personale in crescita (+8,5%). Il modello strutturato mostra maggiore resilienza rispetto alla frammentazione dei locali indipendenti. La crescita della ristorazione industriale pone un problema di omologazione e perdita di artigianalità, mettendo a rischio la tradizione culinaria diffusa e la cultura dell’ospitalità italiana. La sfida futura consiste nel conciliare scala operativa e identità culturale, tra efficienza economica e qualità artigianale.
Il rischio è una progressiva desertificazione della cucina autentica italiana, quella delle trattorie e delle osterie che hanno custodito identità, convivialità e tradizioni locali. Solo un equilibrio tra innovazione e artigianalità, tra alta cucina e ristorazione popolare, potrà evitare che il Paese perda la sua spina dorsale gastronomica e culturale. Allo stesso modo, la crescita della ristorazione industriale pone un problema di omologazione e perdita di artigianalità, mettendo a rischio la tradizione culinaria diffusa e la cultura dell’ospitalità italiana. La sfida futura consiste nel conciliare scala operativa e identità culturale, tra efficienza economica e qualità artigianale.
Ristorazione italiana tra tradizione, competitività e soft power
In un mercato sempre più polarizzato tra fast food e fine dining, la ristorazione italiana conserva un’identità unica. «Il cuore del nostro sistema è la ristorazione media e familiare, fatta di qualità, servizio e prezzi accessibili. È questa la vera spina dorsale del Paese», sottolinea Stoppani. La forza del modello italiano sta proprio nell’equilibrio tra tradizione e innovazione, dove la grande cucina stellata fa da riferimento culturale e tecnico, ma la rete diffusa dei ristoranti di territorio resta essenziale per l’occupazione e per l’immagine dell’Italia nel mondo. In questo quadro, il riconoscimento UNESCO della cucina italiana, atteso per dicembre, rappresenta un passaggio simbolico ma anche strategico. «Non è solo un titolo - chiarisce Stoppani - ma un riconoscimento del valore reputazionale della nostra cucina come strumento di soft power, capace di promuovere il Paese nel mondo».
Legalità, equità e concorrenza leale
Tema sempre caro a Fipe e ribadito con forza: «Chi fa ristorazione deve rispettare le stesse regole. Non è ammissibile che agriturismi o attività ibride possano operare senza gli stessi vincoli igienico-sanitari e di sicurezza». La Federazione chiede parità di condizioni per evitare concorrenza sleale e garantire la qualità complessiva del comparto. Italia a Tavola si schiera da sempre su questa posizione: la semplificazione burocratica non deve tradursi in deregolamentazione, perché solo la legalità garantisce reputazione, sicurezza e tutela dei consumatori.
Le due grandi emergenze: personale e produttività
«Il nostro è un settore in convalescenza», afferma Stoppani con franchezza. Le due criticità principali sono note: la difficoltà nel reperire manodopera e la scarsa produttività. Il problema del personale, sottolinea, «è trasversale a molti comparti: dalla sanità alla manifattura. Ma nella ristorazione pesa anche una percezione culturale che ha indebolito il valore sociale del lavoro di servizio».

La carenza di personale rimane un problema centrale da risolvere
Fipe lavora oggi per rafforzare la filiera della formazione tecnico-professionale, in sinergia con istituti alberghieri e scuole del turismo, e per stimolare il governo a investire nelle politiche attive per il lavoro. «Il capitale umano è la chiave del nostro futuro. Non possiamo permetterci di trascurarlo», sottolinea Stoppani. La stessa Italia a Tavola da anni denuncia l’assenza di un serio coordinamento tra scuola e imprese, e l’urgenza di riqualificare i percorsi professionali per restituire dignità e attrattività ai mestieri del servizio e dell’ospitalità.
Salarizzazione, mance e qualità del lavoro
Sul fronte economico, Fipe ha portato a casa risultati concreti: dalla legge sulla detassazione delle mance agli incentivi per il lavoro festivo, notturno e domenicale. «Sono misure che aumentano il reddito disponibile dei lavoratori e aiutano a trattenere professionalità qualificate», spiega Stoppani. Il nodo resta però quello della produttività. «Si può aumentare la retribuzione solo se cresce il valore aggiunto. E questo passa da qualità, innovazione e gestione efficiente». Una tesi che Italia a Tavola ha spesso rilanciato: non è solo questione di buste paga, ma di modelli organizzativi e cultura imprenditoriale.
Digitalizzazione e pagamenti elettronici: l’euro digitale come opportunità
Altro fronte caldo è quello della digitalizzazione. Stoppani è chiaro: «Le commissioni sui pagamenti elettronici sono calate, ma serve ancora uno sforzo per ridurle. L’euro digitale, che sarà introdotto nei prossimi anni, potrà rappresentare un cambio di paradigma, se gestito con equilibrio».

Le commissioni sui pagamenti elettronici sono calate, ma per la Fipe serve ridurle ulteriormente
Per Fipe i pubblici esercizi avranno un ruolo di avanguardia nella diffusione dell’euro digitale, diventando punti di sensibilizzazione verso i cittadini. Una posizione che Italia a Tavola condivide, riconoscendo come la transizione digitale, se sostenuta da politiche adeguate, possa rendere più trasparente, efficiente e moderna la filiera del turismo e della ristorazione.
Prospettive future: la ristorazione come impresa turistica
Guardando avanti, la priorità per Stoppani è ottenere il riconoscimento della ristorazione come impresa turistica. «Questo permetterebbe di accedere ai fondi destinati alla riqualificazione del turismo, finora preclusi al nostro settore», spiega. Fipe punta inoltre a consolidare il proprio ruolo nella formazione, nell’educazione alimentare, nella lotta allo spreco e alle dipendenze, continuando a promuovere il lavoro come valore identitario del Paese. Come sintetizza Stoppani: «Vogliamo che l’Italia torni a essere orgogliosa di sé stessa, investendo nel lavoro, nella qualità della vita e nel piacere di vivere in questo Paese».
La ristorazione come bene comune
Gli 80 anni di Fipe non sono una semplice ricorrenza, ma un atto di responsabilità verso il futuro. La Federazione conferma il proprio ruolo di motore economico e culturale, capace di tenere insieme le ragioni dell’impresa e quelle della comunità. Come Italia a Tavola sostiene da sempre, la ristorazione non è solo un settore produttivo: è un linguaggio collettivo, un luogo di relazioni e di memoria, uno spazio dove l’Italia continua ogni giorno a riconoscersi. Ottant’anni dopo la sua nascita, Fipe ribadisce che il vero bene comune non è solo il pasto servito a tavola, ma la cultura del lavoro, dell’accoglienza e della dignità che quella tavola rappresenta.