Per colpa del conflitto tra Russia e Ucraina i prezzi del grano, del mais e della soia, stanno salendo alle stelle. In particolare nell'ultima settimana il prezzo del grano è salito del 38,6%. A pesare, secondo Coldiretti, è la chiusura dei porti sul Mar Nero che impediscono le spedizioni e creano carenza sul mercato mondiale. Russia e Ucraina insieme rappresentano il 29% dell’export di grano e il 19% di quello di mais (usato insieme alla soia in prevalenza per l'alimentazione degli allevamenti). Per questo l'Europa, per evitare che le scorte si riducano progressivamente e per impedire un'ulteriore escalation dei prezzi sta pensando di allentare i vincoli ambientali previsti dall'ultima riforma agraria, nonché a misure eccezionali rivolte ai settori più colpiti per aumentare la produzione. Nel frattempo a gettare acqua sul fuoco in Italia ci ha pensato Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia. «Il conflitto in Ucraina non mette attualmente a rischio il corretto e continuo approvvigionamento in frumento tenero dell’Industria molitoria italiana per la produzione di farine destinate a prodotti simbolo della nostra dieta quotidiana quali pane, pizza o prodotti dolciari», ha fatto sapere l'associazione in un comunicato.
Il prezzo di grano, mais e soia sono schizzati alle stelle
Il prezzo del grano è balzato del 38,6% in una settimana dall’inizio della guerra in Ucraina ma ad aumentare del 17% e stato anche il prezzo del mais e del 6% quello della soia destinati all’alimentazione degli animali negli allevamenti. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base delle quotazioni alla borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale del commercio dei prodotti agricoli. «Una situazione che nei paesi più sviluppati sta alimentando l’inflazione - ha commentato Coldiretti - Ma a rischio c’è la stabilità politica di quelli più poveri con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane. Queste hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina». Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano.
L'Europa è pronta a intervenire
La crisi Ucraina e le conseguenze che il conflitto sta avendo su tutto il settore agricolo stanno facendoattivare l'Unione Europea. Per far fronte all'emergenza provvigionamenti l'Ue potrebbe a breve prendere in carico il varo di «misure atte a garantire incrementare la capacità produttiva dell'Europa nel 2022 come l'uso dei terreni colti per le colture proteiche». Parole pronunciate dal commissario all'Agricoltura Janusz Wojechowski. Questo significherebbe l'abbandono della regola del cosiddetto set-aside, ovvero la messa a riposo obbligatoria di una quota, pari al 10%, dei terreni aziendali, e l'allentamento dei nuovi vincoli ambientali previsti dall'ultima riforma. Le prime proposte operative saranno presentate dalla Commissione ai ministri dell'Unione nella prossima riunione il 21 marzo. È inoltre prevista la messa in opera di misure eccezionali rivolte ai settori più colpiti dall'aumento dei costi di produzione.
La proposta di Coldiretti per fermare le speculazioni delle materie prime
Per fermare le speculazioni a livello internazionale e garantire la disponibilità del grano per Coldiretti occorre lavorare per «accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Ci sono le condizioni per incrementare la produzione in Italia dove secondo l’Istat si stimano 500.596 ettari seminati a grano tenero per il pane, con un incremento dello 0,5% mentre la superfice del grano duro risulta in leggera flessione dell’1,4% per un totale di 1.211.304 ettari, anche se su questa prima analisi pesano i ritardi delle semine per le avverse condizioni climatiche che potrebbero portare a rivedere il dato».
Per il presidente di Coldiretti Ettore Prandini nell’immediato occorre quindi garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende con prezzi giusti che consentano agli allevatori di continuare a lavorare: «L'Italia ha le risorse, la tecnologia e le capacità per diventare autosufficiente nella produzione del grano e degli altri alimenti», ha concluso Prandini.
Le quote di frumento tenero non sono a rischio
Nel frattempo a gettare un po' di acqua sul fuoco ci ha pensato Italmopa, l'Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Federalimentare – Confindustria) che rappresenta in via esclusiva l’Industria molitoria italiana. «Il conflitto in Ucraina non mette attualmente a rischio il corretto e continuo approvvigionamento in frumento tenero dell’Industria molitoria italiana per la produzione di farine destinate a prodotti simbolo della nostra dieta quotidiana quali pane, pizza o prodotti dolciari», ha dichiarato l'associazione in una nota. «L’Italia è, strutturalmente, un paese deficitario in frumento tenero tenuto conto che la produzione nazionale copre mediamente il 35% circa del nostro fabbisogno annuale - sottolinea Emilio Ferrari, presidente Italmopa - le importazioni di frumento tenero dalla Russia e dall’Ucraina, tuttavia, non risultano particolarmente significative e rappresentano complessivamente circa il 4% del volume di grano tenero trasformato in farine dai nostri Molini. Il blocco della logistica ferroviaria e portuale sta certamente determinando criticità per quelle aziende che erano in attesa dell’arrivo della materia prima ma, per quanto concerne il prossimo futuro, riteniamo che non dovrebbero sussistere particolari difficoltà a sostituire le importazioni di grano dalla Russia e dall’Ucraina con frumenti equivalenti di altre origini».