Caramelle e cioccolato d’autore
La Leone fa tornare bambini
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La dolcezza non ha fretta e neppure età. Visitare lo stabilimento delle
pastiglie Leone è come ritornare bambini incuriositi e golosi, entrare in un mondo magico, vivere di un’atmosfera intrisa di profumi di liquirizia, cannella, cioccolato e resa allegra dai colori degli impasti, un’atmosfera dove il tempo sembra essersi fermato nonostante le macchine e le persone al lavoro.
Per me il sapore dell’infanzia nel ricordo dei Ginevrini, un variopinto arcobaleno di bottoncini di zucchero, nella dispensa della nonna. «Continuiamo a farli», esclama
Guido Monero, un signore di altri tempi, imprenditore appassionato, grande esperto di confetteria e arte cioccolatiera, presidente dell’azienda che ci accompagna in un viaggio di 160 anni nella storia della Leone e della sua famiglia.
Guido Monero
«Essendo molto legato alla tradizione - continua - ho voluto mantenere anche i prodotti minori; non potrei smettere di fare le Goccioline di rosolio, o lacrime d'amore, un prodotto di altissima confetteria a base di acqua e zucchero che si formano per colata con un meccanismo ancora totalmente artigianale. Siamo rimasti gli unici con Romanengo di Genova». Considerata una delle aziende dolciarie più antiche d’Europa, un autentico simbolo per Torino entrata nel linguaggio popolare fin dal ‘900 quando con l’espressione “Marca Leun” (“Marca Leone” in dialetto piemontese) si voleva indicare una produzione di alta qualità realizzata a regola d’arte. L’espressione è stata ripresa in letteratura da Primo Levi in “Chiave a stella” e da Gianpaolo Pansa nel libro “Ti condurrò fuori dalla notte” dove descrive una nevicata straordinaria con le parole: “una fioccata Marca Leone”.
La storia inizia quando Luigi Leone apre la sua prima confetteria ad Alba, siamo nel 1857, l’Unità d’Italia ancora lontana così pure la nascita della Fiat e parlando di industria dolciaria, anche della Ferrero. Trasferitosi nel volgere di pochi anni a Torino, riconosciuta allora come la capitale italiana della dolcezza, diventa fornitore della Casa Reale, motivo per cui le confezioni possono fregiarsi del vessillo dei Savoia. In onore del primogenito di casa Savoia divenuto Principe di Napoli Luigi Leone si inventa una linea di pastiglie a lui dedicate, aromatizzate al fiore di zagara con il chiaro richiamo alla pastiera napoletana. «Ancora oggi produciamo le pastiglie ai fiori d’arancio “Principe di Napoli”. Grazie a Camilo Benso Conte di Cavour che sceglieva sempre le gommose alla liquirizia aromatizzate alla violetta, le pastiglie entrano nel Parlamento Subalpino ed in suo onore cambiarono nome in “senateurs”».
Nel 1934 la fabbrica viene rilevata dalla mamma di Guido, Giselda, donna tenace animata da un forte dinamismo imprenditoriale, che riadatta la preesistente palazzina liberty di Corso Regina Margherita a Torino a fabbrica di caramelle. Oggi è ancora possibile vedere la facciata dello stabilimento, in quanto protetto dalle Belle Arti. Anni dopo confluisce l'azienda di cioccolato di papà Innocenzo, la Floris. «Purtroppo dopo qualche tempo, per mancanza di spazio, hanno dovuto abbandonare la produzione del cioccolato, che abbiamo ripreso noi quando siamo arrivati a Collegno nel 2007 anno del centocinquantenario», continua a raccontare Guido, facendoci vedere le foto della vecchia fabbrica. Giselda ha retto l’azienda fino agli anni ’80 poi il timone è passato nelle mani di Guido che la dirige con la moglie, amministratore delegato, e con la figlia Daniela, responsabile del marketing e mente creativa di tutti i packaging.
Il racconto continua con le origini delle pastiglie, nate dall’idea di un farmacista di mescolare zucchero e gomma arabica con aromi naturali per dare benefici in caso di tosse e raffreddore. Il nome pastiglia è ancora più antico. Era una pasta di gesso e colla usata per decorare oggetti o mobili senza dover ricorrere a scolpire il legno. Una sorta di via più economica dai risultati artistici in uso in Italia fin dal primo Rinascimento.
La principale attività della Leone sono le pastiglie, dissetanti e digestive, realizzate ancora oggi secondo l’antica ricetta che prevede 36 ore di lavorazione miscelando lo zucchero a velo con la gomma arabica proveniente dalla regione del Kordofan in Sudan, ingrediente estratto dagli alberi d'acacia che ricorda vagamente l’ambra, e la gomma adragante che si ottiene dalla corteccia di alcuni cespugli spinosi degli altipiani dell’Iran, aggiungendo poi succhi di frutta, oli essenziali, estratti e coloranti rigorosamente naturali con l’utilizzo di stampi in bronzo per creare il cilindro ed il marchio, la lettera L. Non esiste data di scadenza, le pastiglie sono fatte di puro zucchero al 96% senza glutine, vegan, con meno di 2 calorie l’una. E poi l’inconfondibile lattina tascabile, realizzata sul finire dell’Ottocento, in origine furono realizzate in un unico colore metallico/dorato con scritte in nero e vennero poi modificate negli anni Sessanta colorando le scritte identificative dei vari gusti in rosso.
«Nel 2005 abbiamo cominciato a produrre le collezioni limitate con grafiche e illustrazioni coloratissime, la prima collezione realizzata in occasione dei ventesimi Giochi Olimpici invernali che hanno visto Torino protagonista e nel 2011 la Sweet(s) Italia per commemorare il centocinquantenario d’Italia dai toni tricolore con le illustrazioni "pop" di Renato Sorrentino” ed ancora quelle realizzate per sostenere Amnesty International in occasione del quarantesimo anno di attività, per il nuovo Museo Egizio di Torino e per l’azienda Balbiano le prime pastiglie al vino, con il Freisa di Chieri “Vigna Villa della Regina”: l’incontro perfetto della tradizione sabauda. Per il 160° anniversario, in aggiunta ad una nuova collezione dal sapore art nouveau, anche un nuovo gusto alla Cedrata Tassoni, altro marchio storico».
Non solo pastiglie, ma anche caramelle dure, i preziosi fondant dai colori pastello, le gommose e le imperdibili gelatine, fatte solo da polpa o succo di frutta fresca, la marmellata viene messa in forme di amido di riso che diventa gelatina dopo una notte di riposo. Ed ancora la linea di prodotti a base di liquirizia, la ghiaia del Po, le mitiche gocce di rosolio dall’anima liquida e dolcissima e per stare al passo con i tempi negli anni ’80 è stata creata la linea Leonsnella senza zucchero.
Guido Monero accompagnandoci nella zona del cioccolato, ci racconta la realizzazione del suo sogno. «Ho voluto ricreare la Fabbrica del Cioccolato, ricominciando a farlo alla "vecchia maniera" ovvero un cioccolato lavorato a pietra senza uso di burro di cacao» e ci accompagna nella zona del cioccolato. Macchinari storici ancora funzionanti che chiama affettuosamente «le Bugatti del cioccolato», qui si lavorano le varietà più` pregiate di cacao, come quelle provenienti dall’America centrale o quelle africane Sa~o Tome´.
«Le tostiamo in un tostino ad aria calda per non bruciarle. Dopo averle frantumate trasferiamo la massa ottenuta nelle conche piane in pietra, dove il movimento dei rulli di pietra di granito ripete l’antico e lento andirivieni del metate atzeco. Il concaggio dura per oltre 60 ore. Ed usiamo solo zucchero grezzo di canna che cresce sullo stesso terreno del cacao. Siamo gli unici a farlo, ho ritrovato la ricetta con le stesse dosi che utilizziamo oggi in un vecchio testo di arte dolciaria scritto in francese da un Ticinese che lavorò come cioccolatiere a Torino e a Parigi». Da uno studio dell’appassionato Guido Monero, che tra ispirazione e nuovi stimoli da libri antichi, nasce la ricetta di un cioccolato con solo latte fresco di alta qualità` e panna delle valli piemontesi (cacao al 44%), con una particolare nota toffee di latte caramellato ed una forte intensità aromatica.
«Ma voi sapete com'è arrivato il cioccolato a Torino?». Tutto inizia nel 1585, quando giunge in Piemonte l'Infanta di Spagna, Micaela Catarina D'Asburgo, sposa di Carlo Emanuele I di Savoia, educata presso la Certosa spagnola di Miraflores nei pressi di Burgos sui Pirenei. Al seguito anche i Chocolateros che incuriosiscono la nobiltà torinese. Il cioccolato è arrivato prima in Italia che in Francia e lo dicono i documenti storici. Parigi conoscerà il cioccolato trent’anni dopo, con il matrimonio di Luigi XIII di Borbone con la nipote di Caterina, Anna d’Austria, il cioccolato veniva allora consumato come bevanda sciolta in acqua.
È stata creata una linea di cioccolato fondente aromatizzato con cristalli di zucchero alla violetta e alla rosa e chiamato, alla spagnola, Miraflores in onore del castello che Carlo Emanuele I le aveva fatto costruire, di cui oggi restano poche testimonianze e l’utilizzo del toponimo per indicare l’intera zona circostante. Anche altri prodotti tra cui il Gianduioso, un divertente tubo di crema al gianduja da spruzzare sul pane.
Un’azienda è fatta sempre di persone e non di macchinari, ricorda Guido Monero una regola che lo accompagna da sempre. 160 anni di attività e si presenta sul mercato con una vasta gamma di pastiglie con ben 40 gusti diversi a cui si è aggiunto il gusto Cedrata Tassoni, ma i più richiesti sono cannella e violetta. Ogni anno vengono confezionate circa 3 milioni di scatolette di pastiglie in totale, vendute in Italia e 53 Paesi esteri dall’Australia al Canada, dal Giappone agli Stati Uniti, ma soprattutto la Germania, primo mercato in Europa ed ancora Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna fino a raggiungere il 15% del giro d’affari.
Per informazioni:
www.pastiglieleone.com